Gianni Verna, apprezzato xilografo torinese, ha inciso due tavole di legno di 2 metri per 32 centimetri di altezza che saranno esposte al Forte di Bard (AO) fino al 6 giugno. Questo suo Bestiario Infernale, che raccoglie gli animali citati nell’Inferno dantesco, è un omaggio al sommo poeta Dante Alighieri del quale ricorrono i 700 anni dalla morte.
Leggi qui l’articolo di presentazione delle tavole
Le mani esperte di Verna hanno rappresentato tutti gli animali, una cinquantina, che Dante incontra o cita nell’Inferno. Abbiamo diviso le tavole in 6 porzioni per poter mostrare quanti più animali, reali o mitologici, e le corrispondenti citazioni estratte dall’opera del poeta.
Osservando le due tavole da sinistra a destra, nella porzione di Inferno dantesco che presentiamo oggi si possono individuare le seguenti figure di animali:
Dante e Virgilio
È la prima delle “invenzioni” creative di Gianni Verna, che vedremo anche in citazioni eccellenti in altre parti delle tavole. L’artista xilografo, “molto irrispettoso” come lui stesso si definisce, ha messo il sommo poeta e la sua guida in viaggio nella “selva oscura” a cavallo di moderne mountain-bike.
La lonza (lince)
Canto I – verso 32
Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta,
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ’mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.
Il leone e la lupa
Canto I – versi 45 e 49
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m’apparve d’un leone.
Questi parea che contra me venisse
con la test’ alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aere ne tremesse.
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza.
Il veltro (cane da caccia)
Canto I – verso 101
Molti son li animali a cui s’ammoglia,
e più saranno ancora, infin che ’l veltro
verrà, che la farà morir con doglia.
Questi non ciberà terra né peltro,
ma sapïenza, amore e virtute,
a sua nazion sarà tra feltro e feltro.
Mosconi, vespe e vermi
Canto III – verso 66
Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi e stimolati molto
da mosconi e da vespe ch’eran ivi.
Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
da fastidiosi vermi era ricolto.
L’aquila
Canto IV – verso 96
Così vid’ i’ adunar la bella scola
di quel segnor de l’altissimo canto
che sovra li altri com’ aquila vola.
Da ch’ebber ragionato insieme alquanto,
volsersi a me con salutevol cenno,
e ’l mio maestro sorrise di tanto;
Gli storni e le gru
Canto V – versi 40 e 46
E come li stornei ne portan l’ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid’ io venir, traendo guai,
ombre portate da la detta briga;
Le colombe
Canto V – verso 82
Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l’aere, dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov’ è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
sì forte fu l’affetüoso grido.
(Qui vediamo una citazione moderna, la Colomba di Picasso)
Il cane
Canto V I- verso 28
Qual è quel cane ch’abbaiando agogna,
e si racqueta poi che ’l pasto morde,
ché solo a divorarlo intende e pugna,
cotai si fecer quelle facce lorde
de lo demonio Cerbero, che ’ntrona
l’anime sì, ch’esser vorrebber sorde.
Il lupo
Canto VII- verso 8
Poi si sivolse a quella ’nfiata labbia,
e disse: «Taci, maledetto lupo!
consuma dentro te con la tua rabbia.
Non è sanza cagion l’andare al cupo:
vuolsi ne l’alto, là dove Michele
fé la vendetta del superbo strupo».
I porci
Canto VIII – verso 50
… «Alma sdegnosa,
benedetta colei che ’n te s’incinse!
Quei fu al mondo persona orgogliosa;
bontà non è che sua memoria fregi:
così s’è l’ombra sua qui furïosa.
Quanti si tegnon or là sù gran regi
che qui staranno come porci in brago,
di sé lasciando orribili dispregi!».
Le rane e la biscia
Canto IX – verso 76
Come le rane innanzi a la nimica
biscia per l’acqua si dileguan tutte,
fin ch’a la terra ciascuna s’abbica,
vid’ io più di mille anime distrutte
fuggir così dinanzi ad un ch’al passo
passava Stige con le piante asciutte.
Il Bestiario Infernale di Gianni Verna:
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