Di semplicità volontaria abbiamo già parlato su questo blog.
Torniamo sull’argomento perché non è facile sottrarsi al ciclo della dipendenza dagli acquisti inutili, dai piaceri effimeri e dagli stili di vita aggressivi. Soprattutto ora che alcuni dati e un’abile campagna mediatica ci inducono a credere di essere di fronte a una ripresa dell’economia. E allora che fare? Qualcuno potrebbe essere tentato di gettarsi alle spalle la crisi, dimenticare gli ultimi anni più in fretta possibile e tornare ad aggiungere in modo dissennato, anziché sottrarre con consapevolezza.
Chiariamo: non si tratta di lanciare messaggi contro gli acquisti, ma di cercare la felicità altrove. Fuori dai centri commerciali, dalle logiche consumistiche, dagli acquisiti compulsivi. Non dovete per forza boicottare le banche, rinunciare all’auto o allo smartphone. Il principio della semplicità volontaria, lo dice l’espressione stessa, è altro: se desiderate vivere in maniera più semplice e consumare di meno, individuate un’azione, anche modesta ma che vi sembri possibile, e cominciate da quella. La semplicità volontaria non è ascetismo o rinuncia dolorosa. È anzi la ricerca di un piacere e di una ricchezza profonda e maggiore.
Domandatevi se ciò che state acquistando vi serve davvero. Non lasciate gli apparecchi elettronici in modalità di attesa, usate di più la bicicletta, riparate qualcosa che si è rotto. Rallentate il ritmo, riscoprite il tempo libero da dedicare ai vostri interessi, alla famiglia, al servizio della comunità. Curate le relazioni con gli amici, quelli veri. Limitate le esibizioni esteriori e rifiutate il linguaggio del consumo, mantenete un profilo sobrio. Non è poco. Un inatteso senso di benessere e di liberazione e l’effetto domino faranno il resto. Ricordatevi però di cominciare da una cosa pur piccola, ma che considerate facile, altrimenti vi scoraggerete e finirete col rinunciare presto. Niente è inutile. E ogni giorno ripartite dal punto uno, che è all’origine anche di tutti gli altri: mi serve davvero?
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