È possibile praticare yoga all’aperto? Ha senso parlare di ecologia in relazione allo yoga? È possibile, tramite la pratica meditativa, stimolare e accrescere una consapevolezza ecologica planetaria?
Intervista di Sofia Bolognini
Ne parliamo con Chiara Pagano, insegnante di yoga appassionata di pratiche di yoga e meditazione in natura e docente della Libera Università del Bosco.
«Mi sono formata come architetto – racconta Chiara –, e già in quella veste mi sono occupata di progetti che avessero una natura sociale e, quando possibile, partecipata. Dell’architettura mi interessava l’aspetto pubblico, volevo partecipare al miglioramento della qualità dei luoghi di vita delle persone».
Dopo aver acquisito una formazione completa come insegnante di yoga ed essersi specializzata in yoga per l’infanzia, oggi Chiara lavora con numerose realtà del territorio in progetti multidisciplinari che uniscono lo yoga alla natura ma anche al teatro, all’espressione artistica, alla formazione nelle scuole.
«La parola yoga significa “unione”,“unificazione”, “fondere delle parti affinché non siano più divisibili”: significa, quindi, essere totalmente integrati con sé stessi e con gli altri. Yoga è sentirsi un tutt’uno con le cose e col mondo: virus, pianeta, universo. È una disciplina che permette di sentire la relazione tra i diversi aspetti dell’esistenza, ci allena a leggere i condizionamenti tra corpo e mente. Tale capacità di presenza ci permette di vivere in maggiore equilibrio tra corpo, mente, emozioni e spirito. La pratica dello yoga consente di abitare il corpo come una casa, dentro la casa più grande che è il mondo, la natura».
Lo yoga è una disciplina che allena la consapevolezza della relazione di interdipendenza tra tutti gli esseri e il pianeta attraverso una pratica fisica, non mentale. È una disciplina che aiuta a vivere ed esperire, attraverso il corpo, una maggiore consapevolezza ecologica.
Lo yoga non nasce per essere praticato all’aperto, piuttosto in una stanza chiusa, per aiutare a focalizzare l’attenzione su di sé attraverso il respiro, escludendo quello che c’è fuori, i pensieri discorsivi, per concentrarsi sulla semplice esperienza dell’essere presenti, aprirsi all’esperienza di esistere, essere (interessere) con il pianeta, il tutto.
Quello della pratica dello yoga in natura potrebbe quasi essere visto come un salto metodologico. Chiara ha avviato attività di yoga all’aperto partendo dallo yoga per l’infanzia: «La mia insegnante Clemi Tedeschi mi ha dato la chiave di lettura, partendo dai bambini, per comprendere quanto lo yoga porti con sé un messaggio profondamente legato all’ecologia. Ho capito che certe tecniche potevano essere utilizzate a livello formativo e culturale ma anche esperienziale, per supportare una immersione profonda con la natura (corpo) e rimettere in circolo prassi e tematiche che sono specifiche dell’uomo ma che col tempo sono andate dimenticate, quali ad esempio l’importanza del rito, del simbolo, degli archetipi e del prendersi cura».
Gli archetipi dello yoga sono già la materializzazione di energie naturali: le forme che vengono assunte durante la pratica, asana e mudra, sono rappresentazioni di elementi naturali come l’acqua, i fulmini, le montagne, gli animali e le piante. Escludere il mondo esterno e concentrarsi sull’esperienza del sé significa quindi non isolarsi ma anzi significa far cadere l’identificazione con un sé permanente e cogliere la realtà del nostro essere impermanente, parte del mondo naturale. Significa riconnettersi con le nostre fragilità e la nostra forza. Le stesse che popolano gli ecosistemi di cui siamo parte, i cicli di vita e di morte in cui siamo ricompresi.
Prepararsi con lo yoga ad accogliere gli aspetti anche più spaventosi della natura, disporsi ad assumere una posizione più ricettiva e partecipe
La cultura occidentale tende a esaltare gli aspetti positivi e rassicuranti dell’esistenza, del rapporto uomo-natura e anche della relazione con il corpo e le emozioni.
«Spesso le persone che si approcciano allo yoga lo fanno nell’ottica di sentirsi più in forma, diventare più forti, essere quindi in qualche modo più efficienti. Lo yoga, invece, è un’ode alla natura in tutti i suoi aspetti, anche quelli più dolorosi, inquietanti e difficili da accettare. È un esercizio di consapevolezza e allenamento a lasciar andare e accogliere per prepararci ai distacchi, alla minor prestazione, alla fragilità. Questo non per deprimere ma per accrescere il livello di empatia e connessione».
«Non faccio yoga per essere più efficiente ma per accogliere quello che sono, che sarò, accettare il mutamento e sentirmi parte della ciclicità che regola il susseguirsi delle stagioni, della nascita e della morte, della malattia e della cura».
Lo yoga in connessione con le discipline scientifiche che studiano l’uomo e la natura
Alla Libera Università del Bosco Chiara insegna yoga in natura insieme a erpetologi, agronomi e forestali in un intreccio di discipline e linguaggio. Questo avviene in modo organico perché lo yoga ha in comune con le scienze molti principi razionali che riguardano il funzionamento del corpo.
Le prossime sessioni di Yoga in natura si terranno sul Monte di Brianza il 21 marzo (Apprendere dagli animali) e il week end del 15 e 16 maggio 2021 (Ritualità condivisa, sensibilità ecologica planetaria). Le iscrizioni sono ancora aperte e i posti disponibili.
«Mi sono approcciata allo yoga da laica e ho apprezzato le connessioni che legano questa disciplina alla fisiologia, all’anatomia, all’osteopatia, alle neuroscienze. Tremila anni fa, senza tac o ecografie, i grandi maestri sono riusciti a codificare in modo incredibilmente preciso il funzionamento organico e fisico dei nostri corpi (mente e respiro, sistema nervoso e ormonale eccetera) in relazione allo “stile di vita”, ai pensieri, alle emozioni, e questo tipo di approccio si intreccia perfettamente con le scienze che studiano gli animali, la natura e gli ecosistemi».
Una riflessione più ampia sul benessere
«La ragione per la quale pratico e insegno yoga è perché lavora su un’idea di benessere che incoraggia una relazione più spontanea e intuitiva col corpo e con le emozioni, mettendo in luce in modo esperienziale, i condizionamenti che il corpo fisico riversa sullo stato emotivo e viceversa, perché tutti gli aspetti del nostro essere sono interconnessi e saperli leggere vuol dire non più essere agiti ma agire. E questo vale anche per l’ambiente naturale di cui siamo profondamente parte».
Non a caso il respiro è l’aspetto più importante da recuperare per chi pratica yoga: «L’atto respiratorio è quello che ci collega a noi stessi e al tutto. Quando respiro sono collegato alla vita sulla Terra – e a quella di tutti gli altri esseri che, insieme a me, la abitano. Questa è l’idea di benessere che si collega allo yoga. Una chiave di lettura molto attuale in un momento storico così difficile, proprio perché in questo anno il nostro respiro, insieme a quello della terra, è stato messo fortemente in discussione. Un anno che faremo fatica a lasciarci alle spalle e che forse non potremo (e non dovremo) dimenticare, anzi che dovremo saper vedere, leggere, meditare, respirare e trasformare in un nuovo modo di vivere, lavorare, abitare la terra».