I cambiamenti climatici stanno producendo visibili mutamenti sulla morfologia delle montagne. In particolare, l’incremento delle temperature e della velocità dell’avvicendamento dei cicli di gelo e disgelo del permafrost costituisce la maggior minaccia alla stabilità dei pendii sopra i 2.500 metri, determinando un aumento della frequenza con cui si verificano fenomeni di franosità.
Il fenomeno è stato studiato dal gruppo di ricerca River Basin Group dell’Università di Bolzano, in collaborazione con l’Istituto di Geoscienze dell’Università di Potsdam, e i risultati sono stati pubblicati su Earth Surface Process and Landforms.
L’aumento della franosità
La ricerca – la prima nelle Alpi centro orientali, in Alta Val Venosta – ha messo assieme diversi indizi per comprendere tempi e motivi dell’aumentata franosità. Prima di tutto sono state individuate le “cicatrici” nel terreno: confrontando le foto aeree della zona dal secondo dopoguerra a oggi, sono stati localizzati gli eventi di crollo dei versanti, di cui si è notato un deciso aumento e un’elevazione della quota a partire dal 2000.
Ciò è dovuto al fatto che le maggiori temperature degli ultimi anni portano allo scioglimento del manto nevoso. L’acqua che ne risulta si infiltra nelle rocce e poi, quando la temperatura torna a scendere, ghiaccia e provoca il fenomeno detto del frost cracking: la dilatazione fisica conduce alla rottura dei massi rocciosi e alla loro caduta.
Inoltre, un aumento della franosità a quote elevate finisce inevitabilmente con il comportare un aumento della pericolosità anche a valle, dove una maggiore disponibilità di materiale sciolto può essere trasportato dai torrenti durante i temporali.
Prevenire i pericoli
Questi dati non devono però mettere in allarme tutte le comunità montane. Si tratta di eventi che interessano le alte quote e la maggior parte dei centri abitati non è messa direttamente in pericolo.
Tuttavia, dato che i sentieri in alta quota sono sempre più frequentati da turisti e sportivi durante la primavera e l’estate, è necessario non solo prevedere, ma anche mitigare un aumento importante del rischio derivante da colate e crolli, sia in alta valle sia nei fondovalle abitati che si trovano allo sbocco di torrenti. Come? Intraprendendo una mappatura dei pericoli naturali che tenga conto di scenari diversi e aggiornati rispetto a quelli utilizzati nel passato.
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