La biodiversità montana subisce in modo più impattante gli effetti dei cambiamenti climatici, perché le specie di alta quota sono spesso specialiste, cioè capaci di vivere in una ristretta varietà di condizioni ambientali (a volte estreme), e sono molto sensibili alle variazioni nell’habitat.
Tra queste specie di montagna, le mosche tachinidi sono insetti parassitoidi che sfruttano altri insetti (specialmente bruchi) allo stadio larvale, mentre sono a vita libera e si nutrono di nettare da adulte.
Uno studio condotto dal Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin, in collaborazione col Museo di Zoologia dell’Università Sapienza, ha evidenziato come la diminuzione di mosche tachinidi per effetto del cambiamento climatico rappresenti un rischio per l’intero ecosistema delle aree montane.
La ricerca “Elevational homogenisation of mountain parasitoids across six decades” è stata pubblicata sulla rivista PNAS.
I risultati di questo studio dimostrano, inoltre, come il patrimonio dei musei di storia naturale, ottenuto con campagne di raccolta sul campo e piani di monitoraggio a lungo termine, sia fondamentale per la comprensione di fenomeni naturali complessi.
Un equilibrio delicato
«Negli ecosistemi montani il ruolo delle mosche tachinidi è cruciale perché tengono sotto controllo le popolazioni di diversi insetti erbivori di cui sono parassiti. Alcune specie mostrano una preferenza per specifici ospiti, mentre altre sono largamente generaliste» spiega Pierfilippo Cerretti, Direttore del Museo di Zoologia e autore senior dello studio.
Lo studio ha analizzato i dati di raccolta di oltre 60.000 campioni museali di mosche tachinidi raccolti in Europa dal 1845 a oggi, dimostrando che dalla metà del secolo scorso la percentuale di tachinidi specialisti è aumentata del 70% a bassa quota, mentre è diminuita del 20% ad alta quota, dove nello stesso periodo, invece, le specie generaliste si sono rapidamente diffuse.
«Il declino osservato nelle mosche specialiste di alta quota comporta un aumento del rischio di diffusione degli insetti erbivori, che potrebbero ridisegnare gli ecosistemi montani» aggiunge Luca Santini, coautore dello studio.
«I dati evidenziati dal nostro lavoro mostrano un effetto dei cambiamenti climatici che va oltre le singole specie, suggerendo che l’intera composizione degli ecosistemi sta rapidamente cambiando con ricadute potenzialmente enormi sulla biodiversità montana» conclude Moreno Di Marco, a capo del laboratorio Biodiversity & Global Change della Sapienza e coordinatore dello studio.
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