Herman Daly, deceduto lo scorso ottobre all’età di 84 anni, è stato definito “il più importante economista di cui probabilmente non avete mai sentito parlare”. È verosimile che pochi europarlamentari conoscano le sue teorie, in particolare quella su cui si fonda un nuovo paradigma, quello dell’economia ecologica, che tiene conto dei vincoli posti dall’ambiente biofisico al sistema produttivo globale.
Per anni Daly ha invitato a riflettere su un punto: storicamente siamo passati da un periodo in cui scarseggiava il capitale prodotto dall’uomo a un altro in cui scarseggia il capitale naturale, quindi oggi recuperare e risanare il territorio significa produrre ricchezza. Ne consegue che gli investimenti tesi a ricostituire sistemi ambientali, lungi dall’essere un costo sociale aggiuntivo, costituiscono il requisito fondamentale per la costruzione di nuovo benessere.
Com’è noto il Parlamento europeo si trova di fronte a un bivio: votare a favore della Nature Restoration Law che consentirà finalmente di porre rimedio ai danni arrecati al nostro capitale naturale oppure lasciare che gli ecosistemi continuino a impoverirsi.
Lo scorso 27 giugno la Commissione Ambiente non è stata in grado di trovare una maggioranza per dare il via libera alla proposta. Ora la mano passa all’Assemblea plenaria, che si riunirà il prossimo 12 luglio. Gli oppositori proveranno in tutti i modi a fermare la legge ignorando l’appello di oltre 3.000 scienziati europei, i diversi report internazionali e pure il sostegno di numerose grandi imprese.
In gioco ci sono il miglioramento del livello di biodiversità, ma anche la salute e il benessere umano e benefici socio economici: i progetti di ripristino della natura genererebbero milioni di posti di lavoro, mentre il declino degli habitat e gli impatti della crisi climatica causano perdite economiche stimate intorno ai 12 miliardi di euro annui.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a un gigantesco divario tra il dire e il fare. Alla dichiarata preoccupazione per il benessere del Pianeta, non seguono azioni concrete per la sua salvaguardia. Continuano invece a prevalere manovre di piccolo cabotaggio, perlopiù prive di argomentazioni scientifiche, ma volte piuttosto a conservare posizioni superate dalle nuove esigenze sociali e sovvenzioni a pratiche divenute insostenibili.
Il voto sulla Nature Restoration Law sarà un importantissimo indicatore della reale volontà di trovare soluzioni certe ed efficaci alla perdita di natura nel Vecchio Continente. Prestiamo attenzione e ricordiamoci di valutare l’operato dei nostri politici alle elezioni europee del 2024 anche in base a quel che accadrà il 12 luglio.
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