Anche il Mar Glaciale Artico, uno dei luoghi più remoti del Pianeta, è fortemente inquinato. E, secondo i ricercatori dell’Università di Cadice, conterrebbe ben 300 miliardi di pezzi di plastica, vale a dire circa 1200 tonnellate.
«Si tratta di una stima calcolata per difetto – ha detto il ricercatore Andres Cozar -. Le ricerche, infatti, non sono state in grado di calcolare la presenza di microplastica (ovvero i frammenti di dimensione inferiore al mezzo milimetro, ndr) e le fibre tessili dei tessuti sintetici».
Sono proprio le microplastiche a causare il danno maggiore. Non di rado, questi minuscoli frammenti si trovano anche nella carne dei pesci che finiscono nei nostri patti.
Le rotte dell’inquinamento
Ma come ha fatto la plastica a raggiungere uno dei luoghi fino a pochi anni fa più incontaminati del Pianeta? Secondo i ricercatori, la plastica che inquina il Mar Glaciale Artico segue due rotte: una che parte dalle coste scozzesi e l’altra che parte dall’Islanda.
«Sebbene alcune zone risultino ancora poco inquinate la concentrazione maggiore di plastica è stata individuata al largo della Groenlandia e nel Mare di Barents – ha aggiunto Cozar -. A partire dagli anni ’80, la presenza di plastica al largo delle coste scozzesi è cresciuta a dismisura».
I danni all’ambiente
Le stime indicano che entro il 2050 i mari ospiteranno più plastica che pesce. Intanto, i danni all’ambiente sono già ben visibili. Le prime vittime della plastica in mare sono gli uccelli e gli animali marini che, scambiando i rifiuti per cibo, si avvelenano.
«In quelle zone è particolarmente preoccupante il caso del fulmaro (Fulmarus glacialis) – ha concluso il ricercatore -. Sono parecchi i casi documentati di intossicazione da parte di questi uccelli, che vivono principalmente alle Isole Svalbard».
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