Da qualche anno ormai i noccioleti intensivi stanno conoscendo una grande espansione anche in Italia, dove una grande azienda come la Ferrero sta facendo importanti investimenti in tal senso, soprattutto nelle regioni del centro Italia, con l’obiettivo di garantirsi un approvvigionamento sicuro di nocciole coltivate prevalentemente nel nostro Paese. Infatti la Ferrero (che è presente in 170 paesi, con 94 società e 25 stabilimenti produttivi) ha bisogno di nocciole, sempre di più, per soddisfare l’enorme produzione di 400.000 tonnellate all’anno di Nutella e ridurre la dipendenza dalle coltivazioni di nocciola all’estero, in particolare dalla Turchia, che detiene quasi il 70% della produzione mondiale.
Nonostante le piantagioni di nocciole si presentino, quando sono mature, con un aspetto che sembrerebbe più ecologico delle coltivazioni intensive a seminativo, come i cereali, in realtà anch’esse, quando gestite con un approccio industriale (come nella gran parte dei casi) sono portatrici di pesanti impatti sull’ambiente circostante. Soprattutto interagendo con il ciclo dell’acqua, dove si accumulano fertilizzanti e diserbanti utilizzati nei noccioleti.
A livello nazionale negli ultimi anni la superficie coltivata a nocciole ha ormai raggiunto i 70.000 ettari ed è in costante crescita, soprattutto nelle regioni della Campania, principale produttore con il 40% della produzione nazionale, del Lazio (33%), del Piemonte (14%), della Sicilia (10%) e in altre regioni, tra cui i bellissimi territori agricoli delle Marche (3%), dove l’abbandono a causa degli ultimi eventi sismici ha facilitato l’acquisto di vaste superfici da parte dei grandi gruppi agroalimentari.
I conflitti attorno alle nocciole
Peraltro il boom della coltivazione intensiva di nocciole in Italia sta sempre più spesso causando situazioni critiche e conflittuali, che vedono coinvolte da una parte agricoltori (soprattutto i piccoli coltivatori), associazioni ambientaliste, spesso amministrazioni locali. Dall’altra, una delle più grandi aziende italiane, associazioni di produttori, altri agricoltori (e in particolare i grandi proprietari terrieri). Motivo del disaccordo sono le grandi trasformazioni, sia agronomiche sia paesaggistiche, che la coltivazione della nocciola sta provocando, scalzando le altre coltivazioni per consentire alla Ferrero di produrre Nutella con nocciole italiane. La zona più interessata da questo fenomeno è in provincia di Viterbo. Si tratta dell’Alta Tuscia e delle terre attorno al lago di Bolsena. Ma il fenomeno, che le associazioni ambientaliste definiscono come uno stravolgimento dell’ecosistema, tocca anche l’Umbria e va dal lago di Vico fino alla Maremma.
E proprio nell’Alta Tuscia la charity di avvocati ambientalisti ClientEarth e la Lipu hanno avviato un’azione legale nei confronti della Regione Lazio, dell’Autorità per il Servizio Idrico e dei Comuni di Ronciglione e Caprarola, in Provincia di Viterbo.
Infatti, l’enorme utilizzo di fertilizzanti per la coltivazione intensiva delle nocciole sta distruggendo l’ecosistema del Lago di Vico (area di valore europeo inserita nella Rete Natura 2000) e del viterbese in genere, con conseguenze e danni anche per la salute umana.
Infatti, contrariamente a come può sembrare, e in barba alle normative nazionali ed europee, le acque del Lago di Vico sono tutt’altro che in salute. Le fioriture di alghe rosse, che striano il lago in determinati periodi dell’anno, sono il segno evidente di un processo noto come eutrofizzazione: le alghe tolgono ossigeno all’acqua e il lago, lentamente, muore, così come ogni forma di vita al suo interno. In aggiunta, questo tipo di alga rilascia sostanze chimiche cancerogene e tossiche, che non possono essere rimosse mediante processi di purificazione.
Anche l’acqua che esce dai rubinetti delle case nei vicini comuni di Caprarola e Ronciglione, che proviene appunto dal Lago di Vico, è stata dichiarata dalla pubblica amministrazione non potabile.
Altri 20.000 ettari per le nocciole
Tra l’altro gli attuali 21.700 ettari oggi destinati alla coltura della nocciola nella regione Lazio sono destinati a crescere ancora, in una logica di monocoltura che sembra inarrestabile e grazie al Progetto “Nocciola Italia”, nato in seno al Gruppo Ferrero attraverso la controllata Ferrero Hazelnut Company e che ha come obiettivo quello di aumentare gli ettari dedicati alla coltivazione del nocciolo del 30% entro il 2025. Significa creare dal nulla – o meglio, da un suolo destinato ad altro – 20.000 ettari di coltivazioni in aggiunta a quelle esistenti, ubicati principalmente nel Lazio e nella provincia di Viterbo.
E così, dopo una serie di richieste alle autorità e di risposte insufficienti, ecco la forte azione legale degli ambientalisti, motivata dalla mancata adozione delle misure di salvaguardia delle acque e di conservazione del sito naturale, in violazione di fatto delle normative nazionali ed europee.
Rimane la speranza che, oltre a ripristinare la qualità delle acque del fragile ecosistema del lago di Vico, si possa comunque trovare “una quadra” tra le esigenze di salvaguardia della natura e quelle altrettanto sacrosante di un tessuto agricolo sempre più in crisi. Soprattutto nel caso di un soggetto importante dell’imprenditoria italiana come Ferrero e del suo giusto obiettivo di ridurre le dipendenze di materia prima dai mercati esteri.
Possibile che la coltivazione biologica delle nocciole o altre soluzioni di coltivazioni meno impattanti siano davvero così poco convenienti da perseguire?