L’Europa ha aperto la strada all’importazione agevolata e senza dazi di olio d’oliva proveniente dalla Tunisia, con lo scopo di aiutare il Paese nordafricano a rischio di destabilizzazione dopo gli attentati terroristici che ne hanno minato l’industria del Turismo.
L’Europarlamento di Strasburgo ha approvato giovedì 10 marzo l’accordo che, fino al 2017, consentirà alla Tunisia di esportare esportazione senza dazi 35mila tonnellate in più all’anno del proprio olio d’oliva, che andrebbero ad aggiungersi alle attuali 56.700 tonnellate.
Un duro colpo per i produttori di una delle eccellenze italiane ma anche per i consumatori, come non ha mancato di sottolineare Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti: “È una scelta sbagliata che non aiuta i produttori tunisini, danneggia quelli italiani e aumenta il rischio di frodi ai danni dei consumatori. Il via libera dell’Ue arriva dopo che le importazioni di olio tunisino, nel nostro Paese, sono già aumentate del 481%”.
Secondo Coldiretti, il rischio concreto è che gli oli d’importazione vengano mischiati a quelli italiani per acquisire – sotto la copertura di marchi storici – una parvenza di “Made in Italy”, carta da giocare tanto sul mercato nazionale quanto su quello estero.
Ora manca solo il voto del Consiglio europeo, co-legislatore in materia, e poi il provvedimento entrerà in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, probabilmente già dal mese di aprile.
A rischio anche le arance
Secondo Coldiretti, quella dell’olio non è l’unica situazione allarmante. Negli ultimi 15 anni, il 31% delle piante di arance è stato tagliato. A questo seguono anche la riduzione del 50% della produzione dei limoni e il calo del 18% del raccolto di clementine e mandarini. Tutti prodotti simbolo del nostro Paese, che sono stati soppiantati sulle tavole dei consumatori da agrumi di provenienza extra Ue.
Tra le cause del calo di produzione ci sono i prezzi iniqui pagati al produttore e che spesso coprono appena i costi di raccolta e che non riescono a competere con la concorrenza sleale di prodotti importati e rivenduti a cifre irrisorie.
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