Paghereste un biglietto d’ingresso per visitare un parco naturale? La domanda è stata posta dai ricercatori del Dipartimento di Economia dell’Università di Catania ad un campione di turisti in visita nei tre più grandi parchi regionali della Sicilia: Madonie, Nebrodi ed Etna. I risultati fanno parte di uno studio molto interessante sulla “disponibilità a pagare” (willingness-to-pay) un biglietto di ingresso da parte dei visitatori. Un’analisi interessante, che ci ricorda l’annoso problema delle croniche difficoltà finanziarie degli enti gestori delle aree protette della nostra Penisola. Questi ultimi ricevono fondi esclusivamente dai governi regionali e nazionali, e sono spesso soggetti ad impietosi tagli di bilancio che non consentono il raggiungimento degli obiettivi di conservazione e sviluppo del territorio. L’introduzione di un biglietto d’ingresso non solo può costituire un canale utile al miglioramento della sostenibilità finanziaria di un parco, ma può essere determinante per gestire al meglio le politiche di conservazione all’interno delle aree protette, limitando i danni prodotti dal turismo di massa. A patto ovviamente che le risorse vengano investite in progetti di tutela dell’ambiente.
I risultati dello studio
La ricerca è stata condotta nei tre maggiori Parchi Naturali Regionali siciliani, scelti per via della loro grande estensione, per la presenza di un discreto numero di strutture ricettive e per i flussi turistici già esistenti. Il sondaggio, effettuato con un questionario, ha raccolto le informazioni di 2,200 visitatori relativamente al loro profilo anagrafico (età, genere, educazione ecc…) ma anche al loro desiderio di pagare ed eventualmente quanto. Il campione intervistato è composto al 55% da uomini, tra i 31 ed i 50 anni di età (60%), quasi tutti con un grado di istruzione piuttosto alto (laurea, il 78%), provenienti da vari paesi europei e attivi nel mondo delle associazioni ambientali (il 40%). La maggior parte degli intervistati ha un reddito compreso tra 20,000 e 40,000 € annui, ha dichiarato di stare nell’area protetta in media circa 9 giorni spendendo circa 41 € al giorno. Positiva l’esperienza di viaggio presso il parco regionale per la maggior parte di essi (l’80% ha valutato 9/10 il proprio livello di soddisfazione), con l’87% intenzionato a tornare in futuro. Interessante anche il dato sullo scopo del viaggio: l’85% ha scelto il parco come destinazione primaria, mentre il 15% come destinazione secondaria. Più della metà del campione (55%) si è dichiarato disponibile a pagare un biglietto di ingresso secondo le cifre indicate nel questionario (da 2,5 € a 35 €). In particolare, la maggior parte delle persone ha indicato la quota di 5 € come potenziale prezzo del biglietto di ingresso che sarebbero disposti a pagare. Interessanti anche le ragioni che spingerebbero i turisti ad acquistare il biglietto: “per proteggere il parco e l’ecosistema” (il 30%), per “l’unicità delle zone protette” (il 26%), per “lo sviluppo economico del territorio” (il 17%), perché “il biglietto ha un costo ragionevole” (il 14.5%), altri ancora solo per “filantropia” (il 10%) ed infine la minor parte “perché sarebbero spesi bene” (il 2.5%).
Biglietto di ingresso sì o no?
La propensione dei visitatori/consumatori a pagare per un turismo più sostenibile è un fenomeno già dimostrato nella letteratura scientifica. Educazione e valori hanno un ruolo fondamentale nel potere decisionale e d’acquisto delle persone, un concetto che vale anche e soprattutto per l’ambiente. Vi è infatti una stretta relazione tra la disponibilità a pagare dei visitatori e la loro sensibilità sulle tematiche ambientali, e anche questo studio lo dimostra. Cosa ci impedisce dunque di applicare questi sistemi di pagamento, per esempio, al caso Sicilia? «Una delle prime difficoltà è la paura di accettare il cambiamento da parte degli enti gestori – spiega a La Rivista della Natura il Prof. Sebastiano Patti dell’Università di Catania, unico autore dello studio – Purtroppo è un aspetto culturale ed è legato principalmente alla difficoltà da parte del management di introdurre dirompenti novità gestionali, soprattutto se riguardano come in questo caso il pagamento di un biglietto di ingresso». La gestione dell’incasso avverrebbe come in un museo: «Con un punto di pagamento, che può essere su strada oppure all’imbocco di determinati sentieri, selezionati sulla base del loro valore ambientale, attraverso dunque il rilascio di un biglietto a pagamento avvenuto». continua il Prof. Patti. Le somme incassate verrebbero destinate unicamente a progetti legati alle aree protette, quindi per la riqualificazione o la pulizia di alcune aree, per la manutenzione dei sentieri, per la comunicazione o la sensibilizzazione alle tematiche ambientali. Vi è poi un altro aspetto interessante, il campione utilizzato nello studio infatti non prende in considerazione i residenti: «Inizialmente volevamo realizzare due sondaggi, uno dedicato ai turisti ed un altro esclusivamente ai residenti – spiega ancora il Prof. Patti – Purtroppo per problemi di budget abbiamo dovuto restringere il campione, ma ci ripromettiamo di completare lo studio prossimamente. Certamente conoscere l’opinione dei residenti è di fondamentale importanza per valutare correttamente la fattibilità dell’applicazione di un eventuale biglietto di ingresso». C’è poi da affrontare il problema dei servizi di alcune zone interne dell’isola, non ancora pensati per accogliere i turisti. Un esempio? Molto spesso i visitatori sprovvisti di automobile non riescono ad utilizzare i mezzi di trasporto pubblico poiché il servizio è dimensionato e pensato esclusivamente per i residenti. Non è raro infatti incontrare gruppetti di turisti rimasti letteralmente a piedi nelle zone interne della Sicilia. Per non parlare dei parchi naturali, dove i mezzi pubblici sono totalmente assenti. Si pensi per esempio al caso eclatante di Piano Battaglia, unica località sciistica della Sicilia occidentale e punto di partenza per innumerevoli escursioni da compiere nel Parco delle Madonie, non servita da alcun servizio pullman o navetta con i paesi più vicini o con il capoluogo distante circa 90 km. L’eventuale incasso di un biglietto d’ingresso dunque potrebbe anche essere utilizzato per risolvere il problema della mobilità interna attraverso l’impiego di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale.
Alcuni esempi
In Italia formule di pagamento all’ingresso dei parchi naturali sono già state sperimentate in varie zone, per esempio al Parco Nazionale delle Cinque Terre, dove in alta stagione si paga per percorrere il famoso Sentiero Verde-Azzurro (il 60% del suo finanziamento proviene proprio dalla riscossione degli incassi), oppure al Parco Nazionale dell’Asinara in Sardegna, o ancora per accedere alla zona delle camosciare nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove l’introduzione di un ticket è servita anche a limitare l’impatto del turismo di massa su un’area estremamente delicata. Vi sono poi gli esempi del Parco Regionale della Maremma, che ha previsto un costo del biglietto vario a seconda degli itinerari scelti o delle Isole Eolie, dov’è stata introdotta una tassa di soggiorno che contribuisce alla gestione dei rifiuti prodotti dai numerosi turisti. Diversi studi svolti nel nostro Paese su questo tema dimostrano che, a dispetto di quanto si possa immaginare, l’imposizione di un eventuale biglietto d’ingresso per visitare i parchi naturali non sia una scelta poi così impopolare, soprattutto se accompagnata da chiarezza e trasparenza sull’impiego delle risorse che ne derivano. Alla luce di quanto detto, nell’attesa che i residenti dei parchi siciliani si esprimano sulla questione, torniamo alla prima domanda: sareste disposti a pagare per visitare un parco naturale?
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