Oramai sono due mesi circa che sentiamo i soliti ritornelli: prima era #andràtuttobene, ora è #ricominciamo. Parole che, come spesso accade, perdono di significato a furia di usarle in questo modo assordante, diventando così inutili rumori e non più invitanti suoni.
Il problema arriva quando si giunge al bivio: credere in quello che si dice – e agire di conseguenza – o parlare a vanvera e rimanere nei recinti egoistici della comodità.
Forse, piuttosto che “ricominciamo”, dovremmo dire “partiamo”.
In diverse occasioni e sedi (tra cui rivistanatura.com) abbiamo letto invitanti riflessioni sul fatto che tutto quello che è successo, e che continua comunque ad accadere, dovrebbe essere un’occasione per comprendere che si deve e si può continuare in modo diverso, qui ed ora, su questa bella Terra.
Che fine hanno fatto l’umanità e la solidarietà tanto sponsorizzate dai media gli scorsi mesi? Che fine ha fatto la commozione di quelle persone che le spronava a condividere video con Whatsapp sulle condizioni di Madre Natura? Non basta il sentimentalismo. Perciò dovremmo davvero evitare di tornare come prima, perché il prima non era normalità. Dovremmo alimentare quella sensibilità, quella gentilezza, quell’amore non solo tra gli uomini ma anche nei confronti della Natura. Non deve essere un’utopia: partiamo da noi.
Stringendo il campo al nostro amato Paese, che Petrarca definì «del mondo la più bella parte», invitiamo noi stessi a essere i primi a vivere in un determinato modo, stando attenti agli sprechi, evitando di “dimenticarci” per terra guanti e mascherine, spronando lo Stato e le Regioni a finanziare i mezzi pubblici e tutto quello che possa rendere il nostro mondo più puro.
Nessuno è profeta in patria e le parole di chi guarda da fuori a volte risvegliano in noi qualcosa di sopito. Per questo motivo, propongo un testo del 1883 di un poeta brasiliano, Raimundo Correia (1859-1911), L’Italia, un ritratto completo del nostro Paese, dai suoi colori culturali a quelli naturali.
L’Italia è il nido azzurro della fantasia –
Fugge la mia ispirazione verso quelle parti …
Amo anche la culla della poesia,
Della scultura, della musica, delle arti.
Quell’ansia inquieta di chi desidera
Vederla e morire, io sento, e voglio le plaghe
Calcare, dove l’Adriatico spumeggia
Rompendo il grosso battaglione delle onde.
E nell’avidità che lo spirito mi inonda,
Allungo gli occhi dell’anima, e credo di vederla …
Pianure che adorna una stagione feconda,
Cieli che un’eterna primavera riempie di stelle.
Torri oblique, alti monumenti
Dall’aguzza e gotica punta
Che pugnalano larghi firmamenti
Di rutilante e vivido scarlatto …
Brezze che dalle coste siciliane
Il tiepido aroma che le impregna diffondono,
Acque azzurre, lagune che di superbe
E merlettate gondole si coagulano …
Prodigi d’arte e naturali prodigi,
E in ogni pietra, e in ogni oscura fessura
Di rovina, indelebili i vestigi
Di giganti di omerica leggenda …
Al sole d’aprile pianure che fioriscono,
Marmi che fioriscono al sole dell’Idea! …
È così che nei miei sogni ti sto vivendo,
Meravigliosa Pallade europea!
Ti vedo così, eroica, illuminata,
All’ombra del tuo elmo bronzeo e titanio,
A sud, diritta, di mirti inghirlandata,
Che calchi il dorso del Mediterraneo.
Raimundo Correia