È stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio il Piano per la riduzione del numero dei cinghiali approvato dalla Giunta della Regione Lazio lo scorso 14 giugno (scarica qui il documento).
Partono, quindi, gli abbattimenti secondo un provvedimento che prevede, contro le indicazioni ufficiali dell’Ispra stesso per lotta alla peste suina, due tecniche di caccia «che faranno finire nel sangue vite animali in piena stagione riproduttiva» commenta l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), che si riserva di valutare un ricorso al Tar del Lazio.
Il provvedimento è stato preso senza attendere il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).
Le tecniche di “prelievo” previste, che si attueranno anche in aree protette, sono: il tiro selettivo, anche notturno, con carabina e ottica di puntamento; la girata, con l’utilizzo di cane limiere abilitato e un numero massimo di 15 partecipanti; la cattura con gabbie o recinti di cattura.
L’Ispra, invece, nelle sue indicazioni afferma che è importante sospendere qualsiasi tipo di attività venatoria nella zona infetta da Peste suina africana, poiché si tratta di «attività che comportano un duplice rischio: la movimentazione di cinghiali potenzialmente infetti sul territorio e la diffusione involontaria del virus attraverso calzature, indumenti, attrezzature e veicoli».
Sul territorio regionale ci sarebbero circa 75 mila esemplari: il piano del Lazio prevede di eliminarne fino a 50 mila. Le alternative non cruente alla mattanza esistono, come ribadito più volte dalla LAV. Una di queste è rappresentata dallo sviluppo di un vaccino contraccettivo, che potrebbe essere sostenuto con i 550mila euro messi a disposizione dal Ministero della Salute.