Sempre più spesso ormai sentiamo parlare di Pfas, sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate.
Sono un gruppo di sostanze chimiche, oltre 4.700, utilizzatissime a partire dagli anni Cinquanta per rendere i prodotti industriali impermeabili ad acqua e grassi. Queste sostanze però, possono rappresentare un serio pericolo per l’uomo e avere effetti negativi molto gravi sulla salute, come danni al fegato, le malattie della tiroide, l’obesità, i problemi di fertilità e il cancro.
Da anni le autorità sanitarie continuano a limitarne più duramente l’utilizzo, poiché esse sono persistenti nell’ambiente, ma purtroppo gli sforzi internazionali per ostacolarne la diffusione potrebbero essere arrivati troppo tardi.
A confermarlo è uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Stoccolma e del Politecnico Federale di Zurigo pubblicato sulle pagine della rivista Environmental Science&Technology.
I livelli di Pfas presenti nell’ambiente superano, a volte, i limiti di sicurezza per il consumo umano, e per questo la loro diffusione potrebbe rappresentare un nuovo confine già superato.
Sembra infatti che, andando oltre questa soglia ambientale avvengano rapidi e inaspettati cambiamenti nell’ecosistema terrestre, che rendono il Pianeta inospitale sia per la nostra specie sia per altre, non solo attualmente ma anche in futuro.
Cosa ha scoperto lo studio sugli Pfas
Le analisi da loro stessi effettuate dimostrano che le quantità di quattro Pfas, di cui sono dimostrati gli effetti nocivi per la salute, presenti nell’acqua piovana, superano frequentemente i livelli di guardia per l’acqua potabile stabiliti dalle linee guida americane ed europee. Addirittura, le acque piovane dell’Antartide e il Tibet hanno svelato la presenza di Pfas a livelli superiori ai limiti di contaminazione stabiliti.
«Utilizzando le più recenti linee guida americane sulla presenza di Pfos (acido perfluoroottansolfonico, N.d.R.), ovunque sul Pianeta la pioggia dovrebbe essere giudicata pericolosa da utilizzare come acqua potabile. Nei Paesi industrializzati non beviamo spesso l’acqua piovana, è vero, ma moltissime persone nel mondo si aspettano di poterla ritenere sicura, e per molti rappresenta ancora una fonte importante di acqua potabile» spiega Ian Cousins, ricercatore dell’Università di Stoccolma che ha coordinato lo studio.
«Sono ormai due decenni che il principale produttore di Pfas del Pianeta, la 3M, ha iniziato a ridurre la produzione e sostituire queste sostanze con altre, ritenute meno dannose. Eppure, i livelli che si riscontrano nell’ambiente continuano a rimanere estremamente elevati. La causa è l’elevatissima persistenza di queste sostanze chimiche, e il fatto che diversi processi naturali, come la formazione di aerosol marino, continuano a riportarli in sospensione nell’atmosfera, mantenendoli costantemente in ciclo attraverso le precipitazioni» insistono i ricercatori.
Nessuna soluzione al problema degli Pfas
Secondo gli autori dello studio, quella degli Pfas è una strada senza vie di fuga.
«A causa della diffusione degli Pfas la contaminazione dei terreni e delle riserve idriche del Pianeta è destinata a superare i livelli di sicurezza per la salute umana indicati dalle linee guida ambientali, e ormai possiamo farci ben poco. In altre parole, è legittimo stabilire un nuovo limite planetarie specifico per gli Pfas, e come scriviamo nel nostro paper, si tratta di un limite che ormai abbiamo già superato» conclude Martin Scheringer, del Politecnico federale di Zurigo.
Proteggere le popolazioni dai rischi correlati all’esposizione è estremamente difficile e oneroso.
Fra l’altro, molecole di Pfas sono state rilevate nel sangue e nel latte materno di persone e animali in ogni luogo.
La restrizione e il bando di tutti i Pfas in tutto il mondo restano solamente le uniche soluzioni per bloccare l’avvelenamento del pianeta intero.