Da troppo tempo si parla della necessità di rivedere molte leggi che riguardano la tutela degli animali perché superate, inadeguate e poco incisive ma, nonostante le mille promesse della politica e i molti progetti di legge che risultano essere stati depositati in parlamento, nulla è davvero successo. Soltanto piccoli ritocchi nel tempo ad alcune norme, come la legge 157/92 che regolamenta l’attività venatoria e alla legge 150/92 che recepisce nel nostro paese la normativa CITES. Unica aggiunta nel corpo delle normative su questi argomenti è stata la legge 201/2010, che ha introdotto sanzioni penali per il traffico di cuccioli di animali da compagnia. Lo stesso provvedimento ha ratificato la Convenzione di Strasburgo sulla protezione degli animali da compagnia del 1987 e ha aumentato le pene per i reati legati al maltrattamento. Grazie alla ratifica di questa convenzione finalmente anche in Italia sono state vietate tutte le mutilazioni agli animali da compagnia per fini estetici, come il taglio della coda e delle orecchie nei cani di molte razze, ma anche quelle funzionali come l’eliminazione delle unghie nei gatti per evitare danni agli arredi.
Compromessi sulla pelle degli animali
Tutte le leggi che hanno per oggetto gli animali sono sempre state frutto di compromessi, andando a incidere spesso su fronti contrapposti. Solo per fare un esempio si può indicare la lunga diatriba fra quanti vorrebbero chiudere l’attività venatoria e quanti invece, per ragioni di passione e per gli interessi economici che questa muove, chiedono addirittura una maggior libertà di caccia. Mondi che non potranno mai trovare un accordo senza compromessi, anche se il legislatore dovrebbe cercare di legiferare in modo rispettoso dei bisogni di tutela della fauna e non sulla base di convenienze elettorali, come troppo spesso accade. Lungo sarebbe poi l’elenco delle leggi sugli animali che sono state puntualmente disattese per tempi più o meno lunghi, come il Testo Unico di Polizia Veterinaria (DPR 320/54) che già nella seconda metà del secolo scorso obbligava i Comuni, singoli o associati, a dotarsi di canili propri.
Ancora oggi i canili non ci sono nella maggioranza dei Comuni, che preferiscono appaltare i servizi, nonostante questo obbligo sia stato ulteriormente ribadito dalla legge 281/91, che norma la prevenzione del randagismo e la tutela degli animali d’affezione. Anche sul fronte degli animali esotici non andiamo meglio e l’Italia non si è ancora dotata di un numero di CRASE (Centri recupero animali selvatici esotici) adeguato alle necessità, non ha ancora controllato le denunce sulla detenzione da parte di privati di animali pericolosi, rimaste nei cassetti delle prefetture, senza nemmeno prevedere un obbligo di sterilizzazione per questi animali. Per non parlare del divieto di commercializzare come animali da compagnia le tante specie che potevano scappare, adattandosi all’ambiente e iniziando a riprodursi, come successo per scoiattoli grigi, tartarughe della Florida, parrocchetti, anatre ornamentali e molti altri.
Diritti non considerati fino in fondo
Siamo un paese con una grande diffusione di animali domestici, con una popolazione sempre più attenta ai loro diritti anche se poi questi non vengono considerati fino in fondo, come dimostra il costante commercio di animali selvatici. Pappagalli, serpenti, mammiferi esotici che non possono essere detenuti in condizioni di benessere nelle abitazioni degli italiani ma che, nonostante questo, sono presenti con centinaia di migliaia di esemplari. La politica, come detto, non ha dimostrato una grande attenzione nel fare leggi che potessero migliorare le condizioni di vita degli animali o tutelare l’ambiente contro le immissioni accidentali. Solo ora, costretti dall’Europa, l’Italia ha deciso di cercare di eradicare molte specie alloctone, senza aver usato le corrette misure di prevenzione per impedire che queste potessero insediarsi e moltiplicarsi sul territorio. Solo ora per alcune specie si è deciso di chiudere il commercio, mentre altre, come il pesce rosso ad esempio, continuano a essere in libera vendita pur avendo colonizzato da tempo i nostri fiumi e laghi, grazie alle liberazioni messe in atto da parte di chi li aveva ricevuti, magari in premio in qualche sagra di paese.