di Marco Bertolino e Maria Paola Ferranti
La Posidonia oceanica, molto spesso definita in modo dispregiativo come “alga che si appiccica alle gambe”, in realtà non è un’alga, ma una vera e propria pianta marina, costituita da radici, fusto e foglie, e produce fiori e frutti, proprio come le piante terrestri. Come tutte le piante caducifoglie, anche la Posidonia perde le foglie in autunno e, con le mareggiate, queste vengono trasportate e accumulate sulle spiagge. Anche se a noi bagnanti possono dare fastidio, sia perché ci si attaccano addosso, sia per il loro odore marcescente, tuttavia quest’accumulo di foglie crea un importante habitat e fonte di cibo per numerosi organismi. Ma il ruolo ecologico principale della Posidonia si svolge sott’acqua, in quanto consolida i fondali, protegge le coste dall’erosione del moto ondoso, dà rifugio a numerose specie e produce ossigeno (1 m2 di Posidonia produce 14 litri di O2/giorno!).
Descrizione
Fanerogama marina endemica del Mar Mediterraneo, caratterizzata da foglie provviste di ligula, nastriformi, lunghe (possono superare anche il metro di lunghezza), caratterizzate dalla presenza di 13-17 venature parallele, di colore che varia dal verde chiaro al verde scuro, raggruppate in fasci. Le foglie contengono cellule a tannino, che si addensano con l’età e, insieme all’acido cicorico, hanno funzione antierbivora. Il rizoma è ingrossato e presenta residui fibrosi, si accresce sia in senso orizzontale sia verticale sul substrato. Pianta monoica. La crescita dei rizomi forma delle tipiche strutture chiamate matte, che possono raggiungere diversi metri di spessore e occupare molte centinaia di metri quadrati di superficie (praterie di Posidonia). Queste formazioni potranno determinare un innalzamento del fondo marino andando così a smorzare il moto ondoso, proteggendo la costa antistante da fenomeni erosivi. Può riprodursi sia asessualmente, mediante l’accrescimento dei rizomi (sino a 1 cm di diametro), che sessualmente, producendo fiori a spiga, ermafroditi (in autunno), che origineranno frutti detti olive di mare (in inverno), che galleggiano grazie alla presenza di sostanze oleose nel pericarpo, successivamente cadranno sul fondale (in primavera) ed in seguito alla germinazione (in estate) si originerà una nuova pianta. In autunno, la P. oceanica perde le foglie, una parte cade sul fondo andando a far parte del detrito usato come fonte di cibo da numerosi organismi marini; un’altra parte di foglie morte viene trasportata dal moto ondoso sulla riva, dove si accumulano e formano le cosiddette banquette. Il moto ondoso agisce sulle porzioni più resistenti delle foglie di P. oceanica, dando origine a delle palle, che prendono il nome di aegagropili, che si trovano sparse sulle coste, indicando in questo modo, la presenza di praterie di P. oceanica nel mare antistante.
Habitat
Vive prevalentemente su substrato sabbioso, dalla superficie sino a 40 m di profondità; la distribuzione batimetrica, l’estensione e la morfologia delle praterie dipendono da svariati fattori: trasparenza dell’acqua, temperatura e conformazione del fondale. Le praterie di P. oceanica a loro volta creano uno degli habitat a maggiore biodiversità del Mar Mediterraneo e danno rifugio a molte specie e sono nursery anche per specie pregiate.
Nota: L’habitat P. oceanica è definito un Sito di Interesse Comunitario (SIC) dalla direttiva comunitaria 92/43/CEE (Direttiva “Habitat”), relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, recepita in Italia a partire dal 1997.
Distribuzione
Presente in tutti i mari italiani.
L’Atlante e i suoi autori
Questa scheda è tratta dall’Atlante della flora e della fauna “Pinneggiando nei mari italiani”, frutto di anni di studio e della passione di Marco Bertolino e Maria Paola Ferranti per il mondo marino e che ha come obiettivo di mettere in risalto la complessa biodiversità dei mari italiani e di farne conoscere le meraviglie. Il volume descrive oltre 650 specie, dalle alghe ai mammiferi, ed è preceduto da un’introduzione sui principali ambienti presenti lungo le coste italiane, dalla superficie alle maggiori profondità, in un’alternanza di aree sabbiose, ciottolose e rocciose, caratterizzate da habitat marini peculiari.
Marco Bertolino e Maria Paola Ferranti sono biologi marini dell’Università degli Studi di Genova, da anni impegnati nella ricerca.
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