Spesso si sente parlare di “blocco” degli scrittori che in alcuni momenti della vita trovano difficoltà nel trovare fonti d’ispirazione. Su questo argomento sono fioriti tanti libri e film.
Tra i più celebri ricordiamo Shining, romanzo horror di Stephen King e l’omonimo cult movie di Stanley Kubrick, in cui si narra la vicenda di uno scrittore alla ricerca della vena poetica in un hotel sperduto tra i boschi del Colorado dove, dopo aver accettato il posto di guardiano per l’inverno, si ritira con la propria famiglia, ignaro del drammatico destino che li aspetta.
Una delle fonti d’ispirazione più preziose per gli scrittori è proprio la natura e, in particolare, gli alberi come abbiamo avuto modo di vedere in alcuni articoli sul bagno di foresta e sulla scrittura.
Uno dei casi più eclatanti è legato alla figura di Jack London e a una grande quercia, nota come “Jack’s Oak”, all’ombra della quale il romanziere americano trovò l’ispirazione per la stesura di uno dei libri più letti di sempre: Il richiamo della foresta.
Questo albero di venti metri, e un’età stimata di 300-400 anni, si trova nel Beauty Ranch a Glen Ellen, in California, dove Jack London visse a lungo.
La vecchia e celebre quercia soffre da molto tempo per la presenza di due tipi di funghi patogeni e in diverse occasioni si era delineata la necessità di abbatterla.
Per fortuna i ricercatori dell’Università di Berkeley recentemente hanno ritenuto possa sopravvivere ancora, con grande sollievo dei molti fan del leggendario scrittore, che incarna il Wild Spirit americano.
Naturalmente, non si può parlare di alberi e scrittori senza pensare a Henry David Thoreau, considerato ancor oggi uno dei massimi filosofi della natura, i cui libri scritti nell’800 sono ancora in testa alle classifiche di vendita nel terzo millennio.
Il grande naturalista americano scriveva: «Ho camminato spesso per otto o dieci miglia attraverso la neve più profonda per rispettare un appuntamento con un faggio, o una betulla gialla, o un vecchio amico tra i pini».
Non certo meno famoso è il castagno di Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez, un libro pubblicato inizialmente in poche migliaia di copie che, trascinato dal successo degli oltre 20 milioni di copie vendute, è stato tradotto in 40 lingue.
Márquez, scrittore colombiano premiato con il Nobel, in questo che è il suo libro più famoso, racconta di una saga familiare ambientata in Colombia e di un castagno al quale sarà legato il destino del folle protagonista Josè Arcadio.
Di grande potenza espressiva risulta anche un saggio del 1979 scritto dal celebre autore inglese John Fowles (noto per il romanzo La donna del tenente francese), recentemente edito in Italia con il titolo L’albero, che restituisce una visione introspettiva sul rapporto tra uomo e natura. Un’opera ispirata dai ricordi d’infanzia dell’autore e dal frutteto di casa curato con grande passione dal padre.
Più recente e assai particolare è il libro di Richard Horan, Seeds: One Man’s Serendipitous Journey to Find the Trees That Inspired Famous American Writers, non ancora tradotto in Italia, in cui la missione dell’autore è raccogliere semi di alberi – e storie – nei pressi delle case di L. Frank Baum, Harper Lee, Jack Kerouac, Eudora Welty, Edith Wharton, Ken Kesey e altri famosi autori statunitensi. Un inno alla letteratura statunitense e alla riconnessione dell’uomo con la natura.
Per chiudere questo breve viaggio nella letteratura attraverso l’energia delle piante non potevamo dimenticare un capolavoro italiano, il Barone rampante di Italo Calvino, il cui protagonista fu ispirato dalla figura del giardiniere e botanico Libereso Guglielmi, amico sincero di Calvino.
Il pensiero “green” dell’autore, la cui madre era una botanica e il padre un agronomo, emerge nella figura del giovane protagonista, Cosimo, che in un moto di ribellione nei confronti della propria famiglia si rifugia tra i rami di un leccio secolare presente nel giardino, sul quale deciderà di vivere non scendendo più a terra.