Abitano le coste del Sudafrica e della Namibia e sono noti anche come pinguino asino per le loro particolari vocalizzazioni, sono i pinguini africani (Spheniscus demersus), adorabili animali che purtroppo, non sembrano godere di un futuro roseo. La loro specie fra qualche anno potrebbe essere solo un vago ricordo, si potrebbe estinguere entro il 2035 a causa della diminuzione degli stock ittici, della degradazione delle coste e dell’antropizzazione degli ambienti naturali.
Non tutto è perduto però, gli etologi dell’Università di Torino hanno iniziato infatti, a studiare il comportamento vocale di questi pinguini con l’obiettivo di monitorare la loro salute attraverso i suoni emessi, contribuendo alla loro sopravvivenza senza disturbarli, tramite quello che possiamo definire un sistema di monitoraggio acustico passivo.
Un progetto innovativo, senza dubbio, ma anche dispendioso a livello economico, proprio per questo hanno avviato una campagna di raccolta fondi per l’acquisto di attrezzature avanzate. Inoltre, l’Università di Torino raddoppierà i fondi raccolti tramite crowdfunding fino a 10.000 euro.
Una specie iconica
I numeri del pinguino africano continuano a calare, degli 1,5 milioni di esemplari stimati nel 1910, solamente il 10% circa rimase alla fine del XX secolo. La popolazione globale è infatti ad oggi ridotta del 98% dall’epoca preindustriale.
Questa specie è appunto, inserita nella lista rossa della IUCN (International Union for Conservation of Nature) sotto la categoria “EN” – endangered – ovvero “in pericolo di estinzione”.
I cambiamenti climatici e l’antropizzazione degli ambienti naturali hanno provocato la diminuzione dello spostamento dei banchi di pesce, di conseguenza i pinguini faticano a trovare cibo vicino alle coste e sono costretti a nuotare lontano per nutrirsi.
Sono animali molto piccoli, non superano infatti i 60-70 cm di altezza e i 4 chili di peso. Sociali e monogami, si riproducono una volta l’anno a circa 4/6 anni di età in colonie numerose in cui l’individuazione del partner e dei pulcini avviene tramite un articolato meccanismo di comunicazione visiva e vocale. Per attirare il partner e proteggere la zona dai vicini di nido, emettono dei canti simili al raglio dell’asino, tanto da venir chiamati “Jackass Penguins”, ovvero “pinguini asino”.
Passano quasi tutto il tempo in mare per alimentarsi, usando la terraferma unicamente per accoppiarsi, nidificare e cambiare il piumaggio. Per sottrarsi allo smisurato surriscaldamento, questi pinguini sono attivi all’alba e al tramonto.
Una corsa contro il tempo
Livio Favaro, Francesca Terranova e Anna Zanoli fanno parte del gruppo di biologi marini del Laboratorio di Biologia Marina del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi (DBIOS) dell’Università di Torino che da oltre 15 anni si sta dedicando allo studio del pinguino africano, della colonia di Stony Point, nella regione di Betty’s Bay vicino a Cape Town, in Sudafrica. Questa colonia ospita quasi il 10% di tutti i pinguini africani ancora viventi.
Gli studi di bioacustica che hanno realizzato fino ad ora evidenziano la possibilità di riconoscere i singoli individui dalle loro voci, con meccanismi simili a quelli della voce umana. Sono state registrate e analizzate sia le “contact calls”, ovvero le vocalizzazioni utilizzate per tenersi in contatto tra membri di una stessa unità sociale, sia le “ecstatic display songs”, ossia i richiami complessi emessi dai maschi all’inizio della stagione riproduttiva per attrarre le femmine e difendere il nido.
I ricercatori hanno inoltre scoperto che i pinguini africani, così come altre specie di animali, sono in grado di riconoscersi sia grazie all’udito che grazie alla vista e che questa abilità può essere condizionata dal livello di familiarità tra gli individui.
In modo simile agli esseri umani, questi pinguini immaginano il suono della voce di un individuo a loro caro soltanto osservando la sua faccia, ciò è particolarmente vantaggioso in un ambiente poco tranquillo, dove i soli caratteri morfologici potrebbero essere difficili da capire.
Le conoscenze ottenute sul repertorio e sull’individualità vocale, sul comportamento sociale e sulla cognizione di questi pinguini ex situ sono diventate fondamentali per il monitoraggio non invasivo in situ diventando un elemento risolutivo per contribuire alla tutela di una specie fortemente minacciata.
Adozione a distanza
Anche noi possiamo sostenere il progetto “Salviamo il Pinguino Africano”, sul link apposito è possibile donare in pochi clic tramite PayPal, bonifico bancario o carta di credito. Tra le ricompense per i sostenitori anche la possibilità di adottare a distanza un pinguino e ricevere aggiornamenti sul suo stato di salute.
«Il crowdfunding ci sta aiutando a raccogliere fondi certamente, ma anche a sensibilizzare la comunità. Tante persone che ci hanno sostenuto prima di questa occasione non conoscevano nemmeno dell’esistenza del pinguino africano. Sapere che ora ci sono già oltre cento donatori che hanno preso coscienza della necessità di salvaguardare questa specie credo rappresenti appieno uno degli obiettivi di ogni ricercatore, quello di divulgare anche ai non tecnici il proprio lavoro» sostiene Livio Favaro.
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