Per 8 giorni, ho visitato il Parco nazionale del Luangwa a piedi con il mio team di 3 accompagnatori. Lo scout cammina davanti. Si tratta di un dipendente del Parco nazionale, è armato di un fucile ed è responsabile della sicurezza.
di Nicolas Ancot
Segue la guida, che decide dove andare – in funzione di cosa abbiamo concordato prima – e ti spiega tutto della fauna e della flora del bush. Conosce il nome e le particolarità di ogni uccello o pianta e ti fa notare dei dettagli che non avresti mai visto circolando su una jeep. Seguo la guida e, a chiudere la fila indiana, segue il “portatore del tè”. Perché durante la passeggiata a piedi della mattina (tipicamente si fanno una passeggiata di 4 ore la mattina e una di 2 ore nel tardo pomeriggio, mentre si riposa in campo durante le ore calde da mezzogiorno alle 16), si fa una pausa in mezzo al bush nel Parco e questo ragazzo accende un fuoco, fa bollire l’acqua e serve il tè con un pezzo di torta.
Ovviamente, a piedi si copre meno distanza nel Parco che con una 4×4. Però il numero di animali che ho visto in questi 8 giorni è notevole: centinaia di impala, di ippopotami, di babbuini e decine di zebre, di giraffe, di bufali, di antilopi, di elefanti, di coccodrilli e di tante altre specie. I predatori sono i più difficili da vedere, però ho comunque avvicinato un leopardo e una iena.
Vi racconto due dei tanti momenti più emozionanti che certamente non avrei potuto vivere in un safari su jeep.
Il secondo giorno, dopo un quarto d’ora, la guida trova un’impronta freschissima di un leone. Il felino era passato meno di un’ora prima e decidiamo ovviamente di seguire la traccia. Non c’era vento, quindi muovendoci in silenzio, la possibilità di potere avvicinarci senza che il leone ci sentisse prima era buona. In questo momento si mescolano dentro di te l’adrenalina per l’eccitazione con l’ansia di ritrovarsi faccia a faccia con un degli animali più pericolosi del bush.
Tutti i tuoi sensi si attivano: provi a sentirlo per capire quanto è lontano, provi a vederlo in caso fosse nascosto sotto uno dei tanti arbusti, provi pure a sentire il suo odore perché anche se è ben nascosto, non può controllare l’odore che emette. Per due ore siamo andati avanti, controllando ogni arbusto e cercando in continuazione nuove impronte che confermassero che il leone fosse ancora davanti a noi.
Poi la guida vede un’impronta nuova, un po’ diversa dalle precedenti. «Ci ha sentiti – dice – guarda, si vede qua che ha accelerato il passo. Non ce la faremo a raggiungerlo». Anche se da un lato, questa è la storia di un fallimento, credo che mi abbia regalato molte più emozioni che se avessi avvistato un leone dalla jeep.
(continua…)
Leggi qui la prima puntata di “L’Africa da un altro punto di vista”
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