Fino a ora l’interesse degli scienziati si è focalizzato soltanto sulla scomparsa delle specie, ma ecco che da poco tempo l’attenzione si è spostata anche sull’estinzione dei generi.
Il genere, secondo i criteri di classificazione dei viventi, raggruppa specie simili tra loro, per esempio cane e lupo appartengono al genere Canis.
La famiglia unisce invece generi affini ovvero generi che, pur essendo diversi, mostrano alcuni caratteri comuni. Il gatto, il leone, la tigre appartengono alla stessa famiglia dei Canidi.
Interi generi e famiglie stanno scomparendo e con loro vengono meno anche le funzioni che essi svolgevano. Un albero della vita, dunque, che si sta sgretolando davanti ai nostri occhi, velocemente e irreversibilmente.
Una crisi della biodiversità grave certamente quanto quella climatica anche se meno “chiacchierata”, ma che mette in gioco il futuro dell’umanità.
Uno studio esclusivo
Sono stati compiuti molteplici studi sulla scomparsa delle specie, ma questo è unico perché, per la prima volta, esamina l’estinzione di interi generi. Nella classificazione degli organismi viventi, il genere lo troviamo fra il range della specie e quello della famiglia.
Nello studio, pubblicato su PNAS, si evidenzia la perdita di interi rami molto grandi dell’albero della vita, che stiamo letteralmente tagliando quasi come se ci dessero fastidio.
I ricercatori si sono basati sugli elenchi di specie estinte redatti dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), concentrandosi sulle specie di vertebrati (esclusi i pesci) per le quali sono disponibili più dati.
Su circa 5.400 generi (che racchiudono 34.600 specie), ben 73 si sono estinti negli ultimi 500 anni, la maggior parte dei quali negli ultimi due secoli.
Al primo posto della lista atroce ci sono gli uccelli, seguiti da mammiferi, anfibi e rettili.
Per capire se questo tasso è superiore alla norma, i ricercatori hanno poi confrontato questo risultato con il tasso di estinzione stimato dalla documentazione fossile sul lunghissimo periodo. «Sulla base del tasso di estinzione negli ultimi milioni di anni, ci saremmo aspettati l’estinzione di due generi, ma ne abbiamo persi 73» ha spiegato Gerardo Ceballos, ricercatore senior presso l’Istituto di Ecologia dell’Università Nazionale Autonoma del Messico e autore dello studio.
L’estinzione di questi 73 generi sarebbe dovuta durare 18.000 anni, in assenza di cause antropiche, non 500.
Un annientamento biologico causato dall’uomo
Le prospettive per il prossimo futuro sono inquietanti. L’estinzione, infatti, galoppa ad un ritmo destinato ad accelerare a causa dei fattori legati ai modi di consumo dell’uomo e alle dinamiche di crescita, tra cui la distruzione di habitat, il commercio illegale e il cambiamento climatico.
Una perdita drammatica di specie, di interi generi, di tutta la biodiversità, definita “annientamento biologico” dagli scienziati, con gravi ripercussioni sulla vita umana, sugli ecosistemi e sulle possibili intuizioni mediche.
Una civiltà che rischia il collasso con conseguenze sul funzionamento di un intero ecosistema. Una volta realizzato questo buco enorme ci vorrebbero poi decine di milioni di anni per recuperare il tutto, tempo che l’umanità non può attendere.
Siamo dunque sull’orlo di una potenziale sesta estinzione di massa, resa speciale dal fatto che a innescarla è stato proprio colui che ha anche il potere di fermarla.
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