di Massimo Vettorazzi
Nella penombra del crepuscolo di un fitto bosco di montagna, un’orsa con i suoi due piccoli dell’anno sono alla ricerca di cibo. Improvvisamente, girato il versante, si trovano davanti a una figura eretta sugli arti posteriori: un uomo.
Lo spavento è enorme; con un soffio e un balzo l’orsa è davanti ai piccoli, l’uomo muove immediatamente la mano sul fianco, afferra l’oggetto che pende dalla cintura del suo zaino e lo porta davanti a sé, impugnandolo con entrambe le mani. L’orsa si muove velocemente verso la figura apparsa così all’improvviso, l’uomo si prepara e, quando l’animale giunge a pochi metri da lui, aziona la bomboletta che ha in mano.
Una nuvola irritante, ad altissima pressione, si espande all’istante davanti a lui e avvolge il muso dell’animale ancora impegnato nel rapidissimo movimento di carica. L’orsa si arresta e quasi istantaneamente gira su sé stessa e si allontana di gran carriera tra rumori di rami spezzati e sassi rotolanti. Nel bosco, permeato da un odore pungente, torna il silenzio.
L’uomo, ripresosi dallo spavento, imbocca il sentiero e, sulle gambe ancora malferme, riporta i passi sulla strada verso valle. Un grande spavento, per entrambi, ma nulla più: nessuna conseguenza drammatica né per l’uomo né per l’orsa.
La bomboletta che l’uomo portava con sé era infatti il “bear spray”, in italiano conosciuto come “spray antiorso”, un dispositivo a base di capsicina (il principio attivo piccante contenuto nel peperoncino) che, se usato correttamente togliendo la sicura e premendo con il pollice la leva di erogazione, si è dimostrato, nel 94% dei casi, efficace nell’interrompere la carica niente meno che di un grizzly, il grande orso bruno Nord americano.
Bear spray, un nuovo strumento per favorire la coesistenza
Per capire meglio le potenzialità di questo strumento, diventato in alcuni Paesi il simbolo della coesistenza, e per capire se esso potrebbe rivelarsi utile anche sulle nostre Alpi, ne parliamo con Matteo Zeni, autore del libro “In nome dell’orso – Il declino e il ritorno dell’orso bruno sulle Alpi. Storia, cronaca, conflitti e sfide” (Il Piviere, 2016).
Matteo, ex guardaparco del Parco Naturale Adamello Brenta, ha la fortuna di vivere ai piedi delle Dolomiti di Brenta orientali, dove l’orso bruno – unico luogo delle Alpi – non è mai scomparso; da sempre interessato alla storia, alla biologia, ai rapporti con l’uomo di questa specie carismatica, Matteo ne studia da molto tempo i vari aspetti, inclusa la spinosa materia delle aggressioni. Ne è scaturito un libro che, tra l’altro, comprende una consistente sezione dedicata agli attacchi degli orsi, con approfonditi riferimenti bibliografici: uno scritto praticamente inedito in Italia!
Dove e perché è nato il “bear spray”?
“Il bear spray nasce intorno a metà degli anni ‘80 in Nord America, grazie all’intuito di alcune persone che, visto l’aumentare degli incidenti con gli orsi, si sono chiesti se esistesse un deterrente in grado di prevenire questi incidenti e preservare l’incolumità tanto degli orsi quanto delle persone. Dopo vari e disparati esperimenti, l’unica sostanza capace di soddisfare queste esigenze è stata il peperoncino contenuto negli spray anti-aggressione per uso umano già allora esistenti! Utilizzando questa sostanza, gli orsi testati interrompevano la carica e si ritiravano sbattendo le palpebre e stropicciandosi il muso: la strada era quella giusta, e ci ha permesso di arrivare molto lontano”.
L’intuito e la sperimentazione hanno portato così alla creazione del “bear spray” come lo conosciamo oggi e che, ci preme ricordare, non ha nulla che vedere con “gli spray al peperoncino” anti-aggressione che si vendono in Italia; lo “spray antiorso” deve infatti avere caratteristiche di concentrazione di capsicina (il principio attivo del peperoncino, che deve essere pari almeno al 1-2%), gittata (fino ad 8-10 metri) e capacità (erogare getti ripetuti e potenti) molto ben definite.
Questo strumento nasce in America, dove l’uso delle armi da fuoco è molto diffuso. Rispetto a queste, lo spray al peperoncino è più o meno efficace nel respingere un attacco?
“Dati robusti provenienti da studi effettuati in Alaska parlano chiaro: il successo ottenuto utilizzando armi da fuoco anziché lo spray al peperoncino durante attacchi di orso ha raggiunto un misero 51%, persino in luoghi dove la gente maneggia le armi da fuoco fin da giovane. Lo spray invece supera il 90%: è una differenza abissale; laddove sparare equivale, statisticamente, ad affidarsi al lancio di una moneta, il bear spray dà ben altre garanzie, tanto più che, nei ridottissimi casi in cui l’orso colpito dal peperoncino nebulizzato ha comunque contattato fisicamente le persone coinvolte, le conseguenze fisiche per le stesse sono state nulle o leggere, e le colluttazioni brevissime. La nube a cono erogata dal dispositivo consente con molta facilità di raggiungere le vie respiratorie dell’animale”.
Lo spray in Nord America è ormai diventato uno strumento di coesistenza fondamentale, il cui utilizzo è fortemente consigliato dall’intera comunità scientifica per chiunque frequenti le terre in cui vivono anche gli orsi, ma da noi? Può davvero diventare uno strumento utile alla convivenza?
“Credo proprio di sì – afferma Matteo –. È vero che lo spray è nato per fermare i più ‘aggressivi’ grizzly e che lo spazio critico (quello da non oltrepassare!) di un’orsa alpina accompagnata da orsacchiotti ha un raggio probabilmente e mediamente inferiore rispetto a quello di un conspecifico dell’Alberta canadese, ma se lo si supera la reazione dei due animali tende a essere simile, come riscontrato da recenti studi sulle aggressioni da orso bruno a livello mondiale. In Trentino gli incontri che hanno visto un orso attaccare un uomo fra il 2014 e il 2020 sono ormai cinque. Possiamo solo fare delle ipotesi ma, stando alle statistiche, se le sei persone coinvolte avessero avuto con sé e usato lo spray, è probabile che l’esito degli incontri sarebbe stato in molti casi differente. Ciò avrebbe evitato loro esperienze fortemente traumatiche (che hanno comportato l’ospedalizzazione), avrebbe impresso agli orsi coinvolti una lezione duratura e, fatto non secondario, avrebbe evitato agli orsi stessi le spiacevoli conseguenze gestionali derivanti, come reclusione permanente e abbattimenti, evitando pure le roventi e spesso insensate polemiche che inevitabilmente conseguono ogni evento simile. Perché allora non dare la possibilità a quanti frequentano gli ambienti popolati dagli orsi di farlo nella maniera più sicura possibile, rendendo disponibile uno strumento che esiste da ormai 35 anni e, oltre a costare solo qualche decina di euro, garantisce un tale livello di efficienza e affidabilità? Una legalizzazione attenta e un uso responsabile di questi dispositivi aiuterebbero in primis i residenti, favorirebbe l’accettazione sociale della specie, al contempo tutelando la sicurezza tanto delle persone quanto degli animali”.
Oggi in Italia, l’acquisto e la detenzione di tale dispositivo sono vietati. Ma non è così in tutta Europa.
“Sì, sono sempre più i Paesi in Europa che negli ultimi anni hanno legiferato in tal senso – spiega Matteo –, ad esempio in Slovenia, Grecia, Polonia, Bulgaria, Svezia il bear spray è già legale (con modalità diverse) e in qualche caso ha già salvato delle vite umane e delle vite ursine. In Italia vanno superate alcune resistenze, generate da un lato alla diffidenza dovuta a non conoscenza, dall’altro a timori legati all’eventuale uso improprio di tali strumenti. Ma, mi permetto di far notare, con una mazza da baseball o con un coltello da cucina puoi fare ben di peggio. È l’uso improprio di ogni strumento potenzialmente offensivo che va punito; un buon inquadramento giuridico è senz’altro più saggio dei processi alle intenzioni. Per fare un esempio pratico: laddove negli USA il bear spray lo può acquistare chiunque e senza alcun problema, nel vicino Canada lo si può acquistare solo previa registrazione dei dati anagrafici e compilazione di un’assunzione di responsabilità.”
Crediamo (noi che scriviamo l’articolo) che questo strumento così intuitivo, facile, immediato ed economico possa rappresentare davvero una soluzione concreta per favorire la coesistenza fra uomo e orso sulle nostre Alpi. Rimane fondamentale e imprescindibile una corretta azione di comunicazione e (in)formazione per quanto concerne l’orso, il suo comportamento, il nostro comportamento per prevenire un incontro e, nel caso, saperlo gestire nel modo migliore.