«Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle».
E le stelle, intonava San Francesco d’Assisi nella sua bellissima lode alla natura. E dunque oggi suona ancora più stupefacente scoprire che il mondo stellato non è un prerogativa degli scienziati, ma anche di persone comuni, comprese figure che hanno scelto di dedicare la loro vita alla Croce; come le suore.
Stando, infatti, a una recentissima scoperta di padre Sabino Maffeo, al lavoro presso l’Osservatorio Vaticano, nei primi decenni del Novecento, quattro religiose dell’Istituto Suore di Maria Bambina, contribuirono a catalogare 400mila stelle, ancora oggi appannaggio della “cartografia” stellare internazionale.
I loro nomi sono: Emilia Ponzoni, Regina Colombo, Concetta Finardi e Luigia Panzeri. La storia inizia sul finire dell’Ottocento, a Parigi. Culla della cultura europea, la capitale francese ospita astronomi da tutto il mondo, con un prestigioso obiettivo: dare vita alla più grande Carta del cielo, così da rappresentare degnamente la volta celeste. Agli incontri partecipa anche il Vaticano, guidato da papa Leone XIII, amante degli astri, ma anche dell’ornitologia e delle passeggiate in mezzo alla natura.
In sue veci c’è il sacerdote Francesco Denza che prende accordi con il gesuita John Hagen, proveniente dagli Stati Uniti. Quest’ultimo confida all’italiano la necessità di aiutanti, che sappiano “leggere” le coordinate celesti e dunque la posizione degli astri. Don Francesco passa il lavoro nelle mani di quattro suore impiegate alla Specola Vaticana e rimaste fino a oggi nell’anonimato. Le religiose imparano l’arte di osservare le stelle e nel giro di pochi anni divengono super esperte del mondo stellato. Imparano a manovrare il telescopio e a districarsi con complicati calcoli matematici. Le chiamano le “donne calcolatrici”.
La famosa Carta del cielo verrà conclusa nel 1966, con l’identificazione di cinque milioni di stelle, molte delle quali segnalate per la prima volta da quattro silenziose e devote suore romane; che oggi, finalmente e meritevolmente, assurgono agli onori delle cronache.
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