Del mondo e sue parti
Il mondo è un animal grande e perfetto,
statua di Dio, che Dio lauda e simiglia:
noi siamo vermi imperfetti e vil famiglia,
ch’intra il suo ventre abbiam vita e ricetto.
Se ignoriamo il suo amor e ’l suo intelletto,
né il verme del mio ventre s’assottiglia
a saper me, ma a farmi mal s’appiglia:
dunque bisogna andar con gran rispetto.
Siamo poi alla terra, ch’è un grande animale
dentro al massimo, noi come pidocchi
al corpo nostro, e però ci fan male.
Superba gente, meco alzate gli occhi,
e misurate quanto ogn’ente vale:
quinci imparate che parte a voi tocchi.
Tommaso Campanella
In questo sonetto Tommaso Campanella riflette sulla realtà che lo circonda e non può evitare di affrontare il rapporto dell’uomo con il mondo in cui vive e con l’intero Universo. Un contesto molto ampio, eppure non si può scappare da questo rapporto, perché sarebbe come se un giocare di basket scappasse dal campo di gioco ad ogni partita: puoi rimanere in panchina, puoi giocare pochi minuti, ma se si scappa sempre non si avrà l’occasione di gustare la propria presenza sul campo.
In questi versi Campanella innanzitutto loda l’Universo che è grande e perfetto, tal quale lo ha voluto Dio; il medesimo Creatore lauda questa magnificenza. E l’uomo? L’uomo che per secoli e secoli ha creduto (e crede) di essere l’indomabile dittatore del pianeta? L’uomo che tanto reclama il suo diritto di proprietà su qualunque centimetro di terra?
L’uomo ha il dovere di conoscere e riconoscere il proprio ruolo all’interno di quest’opera magnifica che è l’Universo. Il poeta non abbellisce né indora le sue parole o le sue similitudini. L’uomo, proprio come un verme nel nostro corpo, è un verme nel ventre dell’Universo; rispetto alla Terra stessa invece egli è come i pidocchi sulla nostra testa. Perché queste immagini che di solito noi associamo a viltà o insignificanza? Poiché come i vermi o i pidocchi che infestano l’uomo non ne conoscono l’animo e la sensibilità, allo stesso modo noi ignoriamo l’amor e l’intelletto di tutto il Creato. Campanella è molto concreto e attuale: uno sguardo intorno a noi, ma anche nel piccolo, e comprendiamo che ancora l’uomo non riconosce che il mondo ha un’anima ed è frutto di amore. Il pedone o l’automobilista buttano cose per terra, il fazzoletto o la cicca di sigaretta; il vicino di casa si ostina a non riciclare correttamente; il parente prossimo continua a sprecare l’acqua, perché tanto sarà un problema delle generazioni future. Tutti questi meschini atteggiamenti, purtroppo quotidiani, fanno suonare sempre il campanello di allarme, o almeno dovrebbero.
Perciò, bisogna andar con gran rispetto, per poter cogliere l’anima del mondo.
Ma l’alternativa non tarda ad arrivare, proprio come il consiglio di un saggio amico: se riconoscessimo davvero la nostra piccolezza, potremmo cogliere il fatto che anche noi siamo parte del Tutto e non unici sovrani del Tutto (così si diventa solo sovrani del Niente); potremmo accorgerci di far parte di questa pittoresca avventura chiamata vita, dipinta in un meraviglioso dipinto della Natura; potremmo riconoscerci complici in questo anche duro Universo, in modo tale da poterci muovere insieme, tutti, verso il posto che ci spetta. Quale? Spetta a ognuno scoprirlo, Campanella lo esplicita: una volta alzati gli occhi per contemplare ciò che ci circonda e trovata la nostra strada, si potrà misurare il peso di ciascuno nel mondo (tutti, nessuno è escluso), dopodiché imparate che parte a voi tocchi.
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