Le attività di “rewilding” (rinaturazione) degli ecosistemi sono uno degli strumenti principali usati nel campo della biologia della conservazione per cercare di mitigare gli impatti dell’uomo sull’ambiente e riportare gli ecosistemi a uno stato più naturale.
Queste azioni possono talvolta comportare alcune sfide, in particolare quando le specie coinvolte sono grandi carnivori, grandi erbivori, o “ingegneri ecosistemici”, come nel caso del castoro europeo (Castor fiber), una specie che con le sue attività può modificare gli habitat e il paesaggio.
Fino a pochi anni fa, il castoro europeo era totalmente assente dall’Italia, in quanto caccia e perdita di habitat avevano portato all’estinzione tutte le popolazioni presenti sul territorio nazionale. Dopo più di 500 anni di totale assenza, questa specie ha recentemente iniziato la ricolonizzazione dell’Italia a causa di espansione naturale dall’Austria verso Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia-Giulia e di reintroduzioni (non autorizzate) in Italia centrale (Toscana, Umbria, Marche).
Un esempio di ritrovata biodiversità, che però necessita di strumenti di monitoraggio per ridurre i possibili danni dovuti alle attività di questo animale.
Da parte della comunità scientifica italiana è quindi cominciato un lavoro di monitoraggio,
Le attività sono state coordinato dall’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IRET), beneficiario italiano del fondo del Beaver Trust per la ricerca sul castoro in Italia.
«Abbiamo curato le attività di monitoraggio, raccolta dei campioni per le analisi genetiche, monitoraggio dei punti di presenza, eventuali analisi necroscopiche e determinazione degli effetti sugli ecosistemi forestali» afferma Emiliano Mori (CNR-IRET), principal investigator del progetto con Andrea Viviano.
La mappa risultante è stata sovrapposta a mappe di coltivazioni arboree e presenza di canali artificiali, per andare ad indentificare le aree in cui le attività di costruzione di tane/dighe dei castori potrebbero causare conflitti con le attività umane.
Le aree idonee alla presenza del castoro
«Ampie zone d’Italia risultano essere idonee per la stabilizzazione del castoro. Le aree di potenziale conflitto con l’uomo sono principalmente distribuite in centro Italia e in Trentino Alto-Adige, dove i castori potrebbero avere accesso ad aree con presenza di piantagioni arboree o infrastrutture sensibili alle attività della specie» spiega Mattia Falaschi, ricercatore zoologo dell’Università Statale di Milano e primo autore dello studio.
Se, infatti, da una parte la presenza del castoro può ridurre il rischio idraulico, mitigando l’intensità degli eventi di piena, in altri casi le attività di foraggiamento/rosicchiamento del castoro possono causare danni alle coltivazioni. Inoltre, la costruzione di dighe e tane può talvolta ridirezionare il flusso d’acqua causando danni a infrastrutture umane come canali artificiali, strade e ponti.
Lo studio congiunto “Environmental suitability and potential range expansion of the Eurasian beaver in Italy” sviluppato dall’Università Statale di Milano e dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IRET) è stato pubblicato su Animal Conservation.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com