Sono certo che Cesare De Ambrosis mi perdonerà questa incursione nel suo territorio, la bicicletta. Luglio è il mese del Tour de France, da chiunque riconosciuta come la più importante gara ciclistica a tappe del mondo. I migliori corridori si danno appuntamento lì, nella speranza di sfilare con la magia gialla del vincitore sugli Champs-Élysées, dove tradizionalmente si chiude la manifestazione.
Ma non è degli aspetti agonistici che vi voglio parlare, benché ci sia qualcosa di epico nell’immane fatica che compiono i ciclisti lungo le strade francesi. Il fatto ancora più importante, secondo me, è che questa eroica vicenda si svolge fra panorami meravigliosi, sapientemente valorizzati dalle inquadrature delle telecamere. Dall’alto, dal basso, di lato, frontalmente, la Tv, pur senza perdere una goccia di sudore o una smorfia di fatica dei ciclisti affannati, regala ai telespettatori immagini mozzafiato. Che si tratti del paesaggio fiabesco dell’Alsazia o dei dolci pendii della valle della Loira, o ancora delle immense foreste delle Ardenne, i luoghi appaiono sempre molto ordinati, ben lontani dal caotico modello di urbanizzazione diffuso in molte regioni italiane. Gli edifici hanno forme unitarie e sono raccolti in nuclei edificati compatti, spesso circondati da parchi o piacevoli campagne. Fuori dai centri urbani si anima un paesaggio di grande equilibrio, che vede l’alternarsi di campi ben disegnati e boschi. Quando la carovana attraversa le città, balza all’attenzione la bellezza e l’eleganza dell’arredo urbano: niente pali e cartelli inutili, lavori pubblici ben eseguiti, cura di ogni dettaglio. È il risultato manifesto di un’amministrazione pubblica che lavora in modo efficiente da secoli.
Quasi inevitabile la domanda: perché non viviamo le stesse emozioni quando assistiamo al Giro d’ Italia? Non certo perché a noi manchino le bellezze storiche, artistiche o naturali. Purtroppo, però, troppo spesso questi tesori sono immersi in un paesaggio desolante, annegati in un processo di sviluppo disordinato e aggressivo che ha stravolto l’unitarietà del paesaggio. Escluse alcune zone alpine e dell’entroterra toscano, da noi è quasi impossibile restituire vedute aree senza mostrare brutture e segni di un’espansione ottusa. Inesorabilmente apparirebbero capannoni industriali collocati fuori dalle aree produttive, villette abusive lungo i litorali, cantieri abbandonati, aree verdi trascurate.
Allez! Continuiamo così, facciamoci del male!
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