Siamo stati sempre abituati a pensare al mare come una distesa infinita e imperturbabile. Purtroppo, in questo decennio abbiamo avuto la conferma della sua fragilità, da quando la plastica è divenuta così abbondante da essere evidente in qualsiasi spiaggia frequentiamo.
Per noi questo “fastidio” spesso si esaurisce nello spazio di tempo di una vacanza estiva, ma gli uccelli marini vivono in questo ambiente ogni istante della loro esistenza.
Colpito 1 uccello su 7
Che la loro vita sia sempre più minacciata lo dimostra un recentissimo studio pubblicato sul Marine Pollution Bullettin, prestigiosa rivista scientifica che si occupa di evidenziare ricerche intente a verificare l’avanzamento dell’inquinamento da plastica e dei suoi danni sugli esseri viventi.
Il team di ricercatori dell’Ateneo dell’Algarve ha analizzato 288 uccelli e di questi quasi il 15 % aveva ingerito plastica. Ciò testimonia la vulnerabilità degli uccelli acquatici con un’incidenza maggiore su alcune specie.
Sono stati analizzati gabbiani reali, gabbiani tridattili, gabbiani corsi, ma anche aironi, cormorani, sule e altri uccelli pelagici… Tra questi, lo zafferano (Larus fuscus) è l’uccello marino che mostra la maggior inclinazione a ingerire plastica, ma lo studio lascia intuire quanto il problema riguardi in modo preoccupante molte altre specie, anche se non siamo ai livelli devastanti delle colonie di albatri del Pacifico che si stanno estinguendo proprio a causa di questo problema.
Dall’occlusione all’annegamento
Una volta ingeriti, i rifiuti di plastica possono causare emorragie, il blocco del tratto digestivo, ulcere o perforazioni dell’intestino e possono produrre una sensazione ingannevole di sazietà, portando l’uccello a non sentire la necessità di alimentarsi.
Inoltre, le plastiche ingerite possono esporre gli uccelli a composti tossici derivati dai processi di produzione della plastica o assorbiti dall’ambiente circostante.
Il problema non riguarda però solo l’ingestione dei materiali. Si pensi, ad esempio, ai danni che possono fare le reti da pesca in nylon abbandonate in mare e trasportate dalle correnti, agli imballi delle lattine o ai fili vaganti che possono produrre importanti limitazioni al volo e al movimento, portando sovente questi animali a morire per annegamento o di inedia.
A ognuno il suo boccone… amaro
Lo studio e la catalogazione dei vari reperti plastici ha permesso di scoprire altre interessanti correlazioni tra le specie di uccelli e le dimensioni, le forme e i colori dei pezzi ingeriti. La microplastica è la categoria più comune in tutte le specie, seguita da meso, macro e megaplastiche, ovvero residui plastici di dimensioni maggiori.
Gli oggetti più abbondanti appartengono alla categoria schiuma (così sono fatte, ad esempio, le vaschette degli alimenti), seguiti da fogli, fili e altri frammenti.
Inoltre, le varie specie ornitiche hanno mostrato una tendenza a rimanere ingannate da precise tipologie di plastica. Ad esempio, il gabbiano reale a zampe gialle e la sula hanno ingerito principalmente frammenti di schiuma, mentre plastica a fogli è stata rinvenuta in abbondanza negli stomaci degli zafferani.
Gli oggetti colorati trasparenti erano i più comuni negli stomaci dei gabbiani reali, quelli neri e verdi erano i colori predominanti ingeriti rispettivamente dallo zafferano e dal gabbiano comune. La sula, il cormorano e il gabbiano tridattilo hanno ingerito, al contrario, plastiche di colore biancastro.
Unica soluzione, cambiare abitudini
Questo studio condotto in Portogallo è davvero interessante perché le acque costiere sono simili a quelle del nostro Mediterraneo, considerato uno dei tratti di mare più inquinato del mondo. Il nostro mare ha bisogno di monitoraggi, ma anche di un diverso approccio etico da parte dell’uomo: a noi raccogliere la sfida non rimandando a domani quello che dobbiamo fare oggi, cambiare le nostre abitudini usare meno plastica, riusarla quando possibile e non gettarla nell’ambiente.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com