L’interesse per i Cetacei affonda le sue radici nella storia e nella mitologia. Nella Grecia antica il delfino compare in diversi contesti legati agli dei e alla mitologia. Nell’attuale territorio di Agrigento il mito si fa realtà, sono proprio le acque di Akragas, antica città greca (oggi Agrigento), a ospitare una ricca sotto-popolazione di delfini costieri e non solo.
di Jessica Alessi
Nello Stretto di Sicilia c’è un tratto di mare di 529 km2, che rappresenta un piccolo gioiello di biodiversità. È quanto emerso da uno studio(*) pubblicato nel 2022 nel Journal of Marine Science and Engineering. Siamo nelle acque della provincia di Agrigento, dove le divinità greche dalla Valle dei Templi sembrano osservare delfini e svariate specie di uccelli marini protetti aggregarsi e banchettare.
I risultati della ricerca condotta dall’organizzazione MeRiS parlano chiaro, Nel tratto di mare della provincia di Agrigento convivono almeno 4 specie protette:
- il tursiope (Tursiops truncatus), un delfino costiero tutelato dalla Direttiva europea Habitat, secondo la quale è richiesta l’istituzione di Zone Speciali di Conservazione per preservare la specie;
- l’uccello delle tempeste europeo (Hydrobates pelagicus);
- la berta maggiore (Calonectris diomedea);
- e la berta minore (Puffinus yelkouan), uccelli marini tutelati dalla Direttiva europea Uccelli, che richiedono la creazione di un network di Zone di Protezione Speciali.
La biodiversità marina nel Mar Mediterraneo è minacciata da numerose attività umane che si concentrano principalmente nelle aree costiere. Le strategie per tutelare la biodiversità sono efficaci quando si conosce la distribuzione delle specie in una determinata area, e quando in quest’ultima vengono identificate le cosiddette specie chiave la cui tutela porta alla tutela indiretta delle altre specie e dell’intero ecosistema marino. Gli uccelli marini e i delfini sono predatori all’apice delle reti trofiche marine e possono regolare l’abbondanza delle loro prede, limitando il predominio di alcune specie e promuovendone la coesistenza. Nello studio realizzato da MeRiS i tursiopi e gli uccelli marini protetti sono stati scelti come specie chiave considerando il quadro normativo che li protegge, il loro ruolo ecologico e la loro abitudine condivisa di sfruttare i pescherecci per alimentarsi.
Lo Stretto di Sicilia è una delle aree più importanti per le risorse ittiche demersali ed è esposta a numerose attività umane tra cui un elevato traffico nautico e un’intensa pesca professionale che nella provincia di Agrigento conta 3 flotte, con oltre 250 imbarcazioni. I tursiopi interagiscono spesso con i pescherecci: nell’84% degli incontri analizzati i delfini si alimentavano sottraendo pesci dalle reti o nutrendosi dello scarto lanciato in mare dai pescatori. Questa è un’area di alimentazione anche per la berta maggiore, la berta minore e per l’uccello delle tempeste. E’ stata osservata un’associazione tra tursiopi e uccelli marini, soprattutto con le berte, durante 54 avvistamenti, l’87% dei quali sulla scia dei pescherecci. Ciò potrebbe confermare l’inclinazione degli uccelli marini a sfruttare il comportamento di caccia dei cetacei che “spingono” le loro prede verso la superficie, mettendoli a loro disposizione, rafforzando così l’associazione tra specie differenti.
Per quantificare quanto l’area è sfruttata dalle attività di pesca, i ricercatori di MeRiS hanno messo a punto un indice che è stato usato come variabile insieme a variabili ambientali (distanza dalla costa, profondità e pendenza del fondale) in un modello matematico in grado di predire la presenza delle specie protette esaminate. I risultati mostrano che le specie sono maggiormente presenti nelle aree più utilizzate dall’attività di pesca. Ciò conferma l’abitudine delle specie considerate, e soprattutto dei tursiopi e delle berte, di nutrirsi sulla scia dei pescherecci, come descritto in diverse aree del mondo.
Da questo studio emerge chiaramente che nelle acque della provincia di Agrigento tursiopi, berte e uccelli della tempesta si concentrano costituendo un hotspot di biodiversità che andrebbe tutelato e gestito per rispondere ai criteri definiti dalle Direttive Uccelli e Habitat. Per questo andrebbero urgentemente attuate misure di conservazione, che attualmente sono inesistenti.
Ma qual è la strategia migliore per tutelare un’area in cui i tursiopi si sono profondamente adattati ad un’intensa attività di pesca commerciale? Spesso quando si vuole proteggere un tratto di mare, la pesca commerciale viene bandita nelle aree più utilizzate dalle specie. Ma se queste vengono maggiormente utilizzate proprio per la presenza dell’attività di pesca, come bisogna agire?
I ricercatori di Meris si sono posti questa domanda e hanno ipotizzato due scenari possibili nel caso in cui l’attività di pesca fosse completamente vietata. Uno scenario vedrebbe le specie trasferirsi, in maniera temporanea o permanente, nelle nuove zone di pesca, il secondo vedrebbe il riadattamento delle specie alla nuova condizione in assenza delle attività di pesca. Quest’ultima opzione è più plausibile per i tursiopi rispetto agli uccelli marini, data la loro elevata plasticità comportamentale. È difficile prevedere a priori cosa succederebbe, ma la soluzione potrebbe essere quella di regolamentare il numero di pescherecci che operano nella zona d’interesse e promuovere attrezzature ecosostenibili, piuttosto che bandire l’attività dall’area.
Referenza
(*) Ranù M, Vanacore A, Mandich A, Alessi J. Bottlenose Dolphins and Seabirds Distribution Analysis for the Identification of a Marine Biodiversity Hotspot in Agrigento Waters. Journal of Marine Science and Engineering. 2022; 10(3):345. https://doi.org/10.3390/jmse10030345