È la barriera di corallo più grande del mondo, composta da oltre 2900 barriere singole e 900 isole, al largo della costa del Queensland, nell’Australia nord-orientale. Ma la Grande barriera corallina (Great Barrier Reef) per l’UNESCO “non è in pericolo”, anche se rimarrà sotto osservazione per altri quattro anni.
L’Australia, invece, preoccupata per la sopravvivenza della sua Grande barriera corallina sta sviluppando un piano di salvaguardia (il “Reef 2050”) che vieta di gettare in mare i residui di dragaggio, limita la costruzione e l’ampliamento di porti e si focalizza sulla depurazione delle acque che confluiscono nell’area della barriera.
Secondo il ministro dell’Ambiente australiano, l’UNESCO ha riconosciuto le politiche di salvaguardia messe in atto dall’Australia come un modello da seguire per tutto il mondo e per questo non ha inserito la Grande barriera corallina nella Lista dei siti a rischio.
La Grande barriera corallina è grande quanto l’Italia e ospita una grande varietà di coralli e di specie marine minacciate, quali la tartaruga verde (Chelonia mydas) e il dugongo (Dugong dugon).
Minacciata dalle miniere di carbone
Gli studiosi avvertono che la barriera è in condizioni di deterioramento e che i cambiamenti climatici costituiscono una minaccia a lungo termine per l’ecosistema corallino. Le minacce maggiori arrivano dall’inquinamento delle acque che dilavano dalla terra, dagli eventi meteorologici estremi (come i cicloni) e dalla piaga delle stelle marine che erodono il corallo.
Greenpeace ha però denunciato ai commissari dell’Unesco riuniti a Bonn che il sostegno che l’Australia continua a dare all’attività mineraria nel Queensland significherà un aumento di dragaggio dei fondali e del transito di navi che trasportano carbone attraverso la barriera.
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