Con la fine dell’inverno, con il primo scioglimento delle nevi, gli stagni si riempiono di migliaia di uova di rane e rospi. Alcune rane sono già sveglie, anche nei pressi delle pozze in quota. Le rane temporarie (Rana temporaria), le rane agili (Rana dalmatina) e appenniniche (Rana italica), le più precoci tra quelle presenti in Italia, abbandonano i loro nascondigli sotto pietre e tronchi a breve distanza dall’acqua. Maschi e femmine si ritrovano nei corpi idrici, spesso ancora parzialmente ghiacciati, e per prima cosa si accoppiano. In questo modo, già a febbraio, marzo, a volte anche aprile (a seconda della quota e dell’area), gli stagni si riempiono di uova, migliaia di embrioni riuniti in grandi ammassi gelatinosi. Più di ogni altro vertebrato terrestre, questi anfibi puntano sul numero per garantirsi il successo riproduttivo. Una femmina di Rana dalmatina può deporre fino ad un migliaio di uova (nella foto), attaccandole alla vegetazione acquatica. Per la Rana temporaria sono state segnalate anche deposizioni con 4500 uova.
Radunare la futura prole porta non pochi vantaggi: all’interno degli ammassi la temperatura è più alta, spesso anche di 5-8 °C rispetto all’esterno e si mantiene più stabile, rendendo più rapido lo sviluppo. Nei primi giorni le uova sono generalmente sommerse e poco visibili, ma poi arrivano addirittura a galleggiare subito sotto la superficie dell’acqua. Il sole e il progressivo riscaldamento della pozza faranno accelerare lo sviluppo, fino alla schiusa, circa tre settimane dopo. I girini, però, avranno bisogno di un altro paio di mesi prima di completare la metamorfosi. A quel punto i numerosi superstiti potranno invadere le sponde fangose degli stagni. Ma alle quote più elevate sarà necessario ancora un paio di anni prima che questi individui possano riprodursi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La riproduzione è consentita esclusivamente con la seguente citazione: Fonte rivistanatura.com