Ho raggiunto il Malawi dopo un mese e mezzo di viaggio e ora mi trovo di fronte a un bivio. Se procedo verso nord mi ricongiungerò con l’itinerario originale, secondo il quale dovrei attraversare la Tanzania e arrivare in Uganda. A causa delle distanze e del tempo a disposizione dovrei prevedere poche fermate e molti chilometri da percorrere ogni giorno. Se giro ad est entro in Mozambico per iniziare una lenta discesa che mi riporterà in Sud Africa verso l’Oceano Indiano.
Del Mozambico conosco poco, ho solo ricevuto alcune informazioni da amici sudafricani che mi allertavano sulla corruzione della polizia locale. Qualcuno aveva aggiunto che si tratta del Paese più povero dell’Africa australe e con le strade più disastrate.
Avevo però sentito dire che è anche uno dei più belli dell’intero continente per la cordialità della sua popolazione, per le sue spiagge bianche e per il mare cristallino.
Forse dentro me era chiaro sin dai primi giorni che non avrei seguito l’itinerario tracciato sulla mappa. Poco dopo la partenza da Cape Town avevo, infatti, già deciso di lasciarmi trasportare dagli eventi e dagli incontri, attento solo a tornare in Sud Africa entro tre mesi per le solite questioni dei visti.
Arrivo allo stop, dove mi fermo ancora indeciso sulla rotta da seguire. Se questa mattina qualcuno mi avesse chiesto un passaggio in una delle due direzioni non avrei esitato a proseguire lungo lo stesso cammino, lasciando ancora una volta al destino la decisione del mio itinerario.
Rifletto un istante, poi aziono l’indicatore di direzione verso sinistra (gesto del tutto inutile in quanto non ho nessuno intorno da avvisare in merito alla mia decisione) e avanzo lentamente. Poi afferro il volante con la mano destra e lo faccio ruotare al lato opposto facendo interrompere bruscamente il ticchettio della freccia.
Il pensiero di raggiungere la costa dell’Oceano Indiano, in un ambiente totalmente differente da quello incontrato finora, fatto di savane e Parchi nazionali, ha la meglio sulla mia decisione di inseguire la meta prefissata inizialmente.
La possibilità di stravolgere i programmi senza alcuna discussione è forse uno degli aspetti che apprezzo maggiormente quando viaggio in solitaria. Entrerò quindi in Mozambico, Paese del quale non so nulla, o quasi.
L’attraversamento del confine si rivela più lungo e ostile di quanto potessi immaginare. L’ufficiale di turno dice che senza aver richiesto preventivamente il visto non può lasciarmi passare. L’unica alternativa è contattare il console che dovrebbe trovarsi in un villaggio non troppo lontano. Lo chiama, il telefono squilla ma nessuno risponde. Riproveremo tra qualche minuto.
Usciamo e dopo aver controllato i miei documenti l’ufficiale dice che l’auto non possiede i catarifrangenti richiesti dal codice della strada del Mozambico.
Gli faccio notare il numero spropositato di adesivi e catarifrangenti riportati sulla carrozzeria per soddisfare le normative richieste dai Paesi dell’Africa australe, che fanno ormai somigliare il mio fuoristrada a un albero di Natale.
L’ufficiale ne guarda alcuni, poi li misura con un righello e mi dice che le dimensioni non sono corrette. Se voglio passare il confine devo acquistare altri adesivi da apporre vicino a quelli già esistenti.
Vengo così rispedito al lato opposto del cancello d’entrata, dove un gruppetto di ragazzi mi aspetta sorridendo e sventolando una serie di adesivi. In un istante mi ritrovo circondato dai venditori che mi mostrano i catarifrangenti e urlano il loro miglior prezzo. Attendo che si smorzino gli animi prima di abbassare il finestrino. Il costo è di pochissimi euro e la differenza proposta dai venditori ammonta a qualche centesimo. Qualcuno dice che i suoi sono migliori perché non si staccano, un altro afferma che solo i suoi vengono riconosciuti in Mozambico. Tutti gli altri urlano continuano semplicemente a urlare il prezzo.
Dal basso spunta un ragazzino che non parla, mi fissa occhi e tende il suo braccio per mostrarmi gli adesivi. Abbasso il finestrino e chiedo a tutti di fare silenzio. Poi prendo gli adesivi dal ragazzino e lo pago. Lui continua a guardarmi un po’ stupito, forse perché non ho contrattato sul prezzo, poi si allontana con i soldi tra le mani.
Oltrepasso nuovamente il cancello della casermetta da dove esce l’ufficiale per avvisami che il console arriverà, ma non si sa quando. Viaggiando in Africa ho imparato a rivedere ogni concetto di tempo, evitandone il calcolo quando si tratta di attendere.
Collezionata l’ennesima mirabolante esperienza d’attraversamento di confine africano, punto il cofano verso est. L’asfalto diventa presto una pista sterrata che col passare dei chilometri si trasforma in una traccia di fango scivoloso intervallata da profondi guadi. Non ho una meta precisa e questo mi restituisce un’impagabile sensazione di libertà. Con me ho anche il tempo, il miglior compagno di viaggio che possa desiderare. Non so quando, ma tra qualche giorno raggiungerò l’oceano, le sue onde, le sue isole.
Il momento dello scatto
Arrivai sulla costa nel tardo pomeriggio. Vidi alcuni ragazzini che giocavano a palla sulla spiaggia mentre altri si tuffavano tra le onde. Afferrai i miei due corpi macchina e mi sedetti sugli scogli in attesa che qualcosa accadesse e se niente fosse accaduto non sarebbe stato un problema in quanto mi trovavo in un luogo meraviglioso. Mentre i ragazzini continuavano a giocare, due di loro mi vennero incontro. Poi si fermarono, dissero qualche parola tra loro e si girarono ad osservare l’oceano nella stessa direzione del mio sguardo, come con l’intento di cercare ciò che stavano inseguendo i miei occhi. Scelsi il corpo macchina sul quale avevo installato l’80/200 (volevo ingrandire le due figure). Dopo aver inquadrato sottoesposi – 0,7 in modo da creare la siluette dei due ragazzi. Impostai un diaframma abbastanza chiuso per aumentare la profondità di campo. Appoggiai infine l’obiettivo alle ginocchia e scattai quella foto che avrebbe rappresentasse un istante importante del mio viaggio, fatto di atmosfera, presenza umana e Natura.
Dati tecnici
- Data: 11/07/2010
- Corpo macchina: Nikon D300
- Obiettivo: Nikkor 80/200 f2,8
- Lunghezza focale al momento dello scatto: 105 mm
- Apertura diaframma: F 13
- Tempo otturatore: 1/1000 sec.
- Compensazione esposizione: -0,7
- Sensibilità sensore: ISO 200
- Modo di ripresa: A (priorità di diaframmi)
VIAGGI FOTOGRAFICI di Davide Pianezze:
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