Sono immagini dure quelle raccolte da Sea Shepherd nelle acque dell’Oceano Indiano. Qui, forte anche dell’isolamento geografico e dei pochi controlli, una flotta di navi sta continuando a utilizzare reti da posta derivanti per la pesca illegale.
Gli scatti, risalenti allo scorso gennaio, mostrano squali, delfini e foche morti impigliati nelle reti. Tra le vittime di questa pratica c’è anche il tonno australe, specie considerata a rischio di estinzione.
Pratica vietata
La pesca con le reti da posta derivanti è una pratica vietata dalle Nazioni Unite dal 1992 a causa dell’impatto distruttivo che ha sull’ecosistema marino. Questo tipo di attività, concepita per la cattura delle specie d’alto mare ma altamente non selettiva, impiega, infatti, grandi reti rettangolari che vengono calate perpendicolarmente alla superficie dell’acqua per poi essere lasciate libere di spostarsi con le correnti. Al loro interno, finisce di tutto, con un impatto ambientale devastate: oltre ai pesci pelagici rimangono quotidianamente imprigionate moltissime altre specie che non hanno alcun valore commerciale.
«Le reti da posta derivanti sono state vietate dalle Nazioni Unite con una moratoria nel 1992 – ha spiegato il capitano della Steve Irwin Siddharth Chakravarty –. Le nazioni del mondo, già 24 anni fa, erano preoccupate per l’impatto negativo di questa forma di pesca illegale. Le reti da posta derivanti non avevano posto negli oceani del mondo allora e non devono averlo oggi. Il nostro ruolo è quello di garantire che il divieto sia rispettato».
Le navi di Sea Shpherd continueranno a documentare quanto sta accadendo nell’Oceano Indiano e, nei prossimo giorni, cercheranno di affrontare la flotta di navi illegali.
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