La società di abbigliamento sportivo Diadora ha deciso di non ricorrere più alla pelle di canguro nella sua produzione.
Attraverso il proprio ufficio stampa, il marchio ha fatto sapere l’intenzione di «abolire totalmente la pelle di canguro da tutti i suoi prodotti a partire da fine 2020. La rinuncia da parte di Diadora alla pelle di canguro, comunemente usata dall’industria dello sportswear, rappresenta un ulteriore passo del percorso intrapreso dall’azienda per ridurre l’impatto ambientale della propria attività».
Il passo indietro è arrivato dopo l’inchiesta che ha mostrato come l’Italia sia il primo importatore mondiale di pelle di canguro. «Ora il nostro appello è rivolto alle altre aziende italiane coinvolte, affinché seguano l’esempio virtuoso di Diadora» spiega la Lav.
Caccia legale e autorizzata dal Governo
L’Italia è il primo importatore europeo di pelli di canguro. Secondo le stime della Lav, negli ultimi 20anni sono stati uccisi più di 45milioni di canguri.
E si tratta di abbattimenti del tutto legali, autorizzati dal Governo australiano.
«La caccia al canguro è una caccia “segreta”, avviene dal tramonto e prosegue per tutta la notte sino alle prime luci dell’alba, dal momento che il canguro è un animale prevalentemente notturno – spiega la Lav –. Gli animali vengono puntati dai i fari dei pick-up a bordo dei quali i cacciatori regolarmente autorizzati sparano».
Uccisi perché rubano spazio alle pecore
I canguri vengono uccisi esclusivamente per la loro pelle, considerata più leggera e resistente rispetto a quella di bovino e, dunque, particolarmente richiesta da marchi sportivi e brand di lusso.
«La caccia al canguro è la più grande mattanza di animali selvatici al mondo, di proporzioni ben maggiori anche della più conosciuta caccia alle foche – aggiunge la Lav –. In Australia, ogni anno, sono uccisi tanti canguri quante foche venivano uccise in un decennio in Canada».
Ma perché il Governo australiano ha deciso di eliminare l’animale simbolo del Paese? «Il canguro viene sterminato perché in Australia è in crescita il settore della produzione di lana e, quindi, in quanto erbivoro, questo animale è visto come un problema da eliminare per destinare i pascoli alle greggi di pecore – conclude l’associazione –. Si è così creato un paradosso per cui un animale che abita il continente australiano da milioni di anni e in perfetto equilibrio ecologico è stato classificato come infestante. È invece considerato del tutto normale sostenere la presenza di oltre 150milioni di pecore, peraltro importate dai coloni europei dal XVII secolo e destinate alla produzione di lana».
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