Nei laboratori, almeno da quanto si legge, si fa a gara per rendere le automobili più sostenibili. Per strada, invece, la gara sembra ancora ferma a chi ce l’ha più grossa e potente.
Non serve essere osservatori attenti per rendersene conto. I veicoli diventano sempre più larghi e più lunghi. Negli ultimi trent’anni – cioè in un periodo storico in cui si è preso consapevolezza della necessità di ridurre l’impatto della mobilità privata sui centri urbani e sugli spazi di ogni genere – la dimensione di una vettura media è cresciuta di quasi il trenta per cento. Per le berline di lusso o i fuoristrada l’esplosione è stata addirittura imbarazzante.
I centri storici delle città italiane, ma anche di gran parte di quelle europee, sono stati disegnati a misura d’uomo, al più di carrozza e cavallo. Anche le zone urbane più recenti, progettate nel secondo dopoguerra, faticano a fare i conti con la crescita esponenziale delle automobili. A parte il numero dei veicoli circolanti, sono proprio le dimensioni a non essere compatibili con parcheggi e corsie stradali costruiti per mezzi più contenuti e modesti.
Al momento il fenomeno sembra inarrestabile e ci siamo assuefatti a vivere in spazi saturi di automobili ingombranti. D’accordo, la questione più preoccupante forse non è quella dell’inquinamento visivo, quanto piuttosto dei gas di scarico che esalano le vetture. A tal riguardo fatico davvero a comprendere per quale ragione quasi tutte le case automobilistiche hanno scelto di dare sempre più rilevanza estetica ai terminali di scarico. Ve ne siete accorti? Una volta la gran parte delle automobili ne possedeva soltanto uno ed era quasi impercettibile. Ora minimo sono due, ma spesso raddoppiano e diventano perfino quattro: cromati, lustri, ingombranti. Forse è un modo bizzarro e inconsapevole per ricordarci che la miscela velenosa che respiriamo esce proprio da lì.
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