Come accade spesso nelle regioni insulari, anche la fauna della Sardegna è caratterizzata dalla presenza di endemismi, ovvero di specie che esistono solo sull’isola e che per questo rivestono uno straordinario interesse per la scienza. Curiosamente, alcune specie molto diffuse nella penisola italiana potrebbero, invece, essere del tutto assenti.
Era questo il caso del rospo comune (Bufo bufo), almeno fino al settembre 2016, quando, durante un censimento faunistico, è stata osservata una grossa femmina in un bosco della Sardegna centro settentrionale.
I ricercatori sulle tracce del rospo comune
Al primo ritrovamento è seguito uno studio mirato che ha coinvolto diversi enti: la Sezione Sardegna della Societas Herpetologica Italica, il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, l’Institut Català de Paleontologia Miquel Crusafont, Universitat Autònoma de Barcelona, il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia e il Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze.
Dal 2016 a oggi è stato possibile documentare una consistente popolazione riproduttiva di rospi comuni localizzata in un’area boschiva a una quota compresa tra 600 e 700 metri sul livello del mare. Il successo riproduttivo è stato accertato attraverso il ritrovamento di girini e individui giovanissimi (neometamorsfosati).
Come è arrivato in Sardegna?
Il rospo comune è una specie con grandi capacità di adattamento, un ampio spettro alimentare e un’alta capacità di espansione ma, per quanto efficaci siano le sue potenzialità ecologiche, il mare rappresenta una barriera insormontabile.
Tra le possibili ipotesi considerate figura l’introduzione di individui adulti attraverso materiali da cantiere (sabbie, ghiaie, legname…) o di girini attraverso azioni di ripopolamento ittico. In ogni caso, ancora una volta, l’introduzione di una specie alloctona in un ecosistema è da imputare all’azione dell’uomo. Dagli studi condotti sugli esemplari campionati in Sardegna è emersa un’affinità genetica con le popolazioni dell’Italia centrale.
Rimangono da valutare tutte le possibili interazioni con la fauna autoctona.
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