Ricavare acqua potabile dalle grandi distese marine è una delle più grandi sfide scientifiche del nostro millennio.
Ora, però, un nuovo studio condotto dal Politecnico di Torino, in collaborazione con il dipartimento di energia del Mit di Boston e dell’Universty of Minnesota, potrebbe aver indirizzato le ricerche sull’osmosi inversa verso una scoperta rivoluzionaria.
Il processo di dissalazione si volge così: l’acqua del mare viene spinta a pressione elevata attraverso una membrana che, funzionando da setaccio, trattiene i sali e le particelle solide.
La ricerca del team italo-americano si è concertata sulla capacità di permeabilità delle membrane di zeolite, il materiale attualmente utilizzato e caratterizzato da nanopori.
Le ricerche hanno dimostrato che la reale permeabilità di questo materiale è un milione di volte inferiore al valore stimato. La membrana, infatti, presenta un’alta resistenza, da imputare agli attuali metodi di produzione della stessa che ne causano la chiusura di moltissimi pori. L’acqua, dunque, ha a disposizione uno spazio ridottissimo per riuscire a filtrare.
Si tratta di una scoperta importante, che avrà fin da subito un impatto sulla futura produzione di membrane di zeolite e che sarà volta a ridurre la resistenza della superficie.
Secondo i ricercatori, le nuove membrane potrebbero avere una permeabilità 10 volte maggiore rispetto a quella attuale, semplificando così il processo di dissalazione e riducendone sensibilmente i costi per ricavare acqua potabile.
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