Alicudi, Filicudi e Salina sono le uniche tre isole dell’arcipelago eoliano a non presentare attività vulcanica, ad eccezione di alcune emissioni gassose sottomarine che si registrano tra Salina, Lipari e Panarea. In questo settore delle Eolie le ultime eruzioni si sono registrate tra i 15 ed i 20mila anni fa, secondo i geologi infatti le forze compressive in atto in questo settore delle Eolie avrebbero inibito nel tempo la risalita dei magmi.
Si tratta dunque di vulcani inattivi, dove pendii e pareti sono modellati dagli elementi atmosferici e colonizzati da una splendida vegetazione rigogliosa, che rende queste isole occidentali belle e selvagge. Il patrimonio naturale, che comprende numerosi endemismi vegetali ed animali, è tutelato da altrettante riserve naturali terrestri, mentre spiagge e calette, anche nascoste, scivolano in fondali incontaminati e ricchi di pesce per immersioni indimenticabili.
Alicudi
Aspra, imponente, selvatica e vulcanica come le sue altre sei sorelle, Alicudi è un’isola verticale. Qui non esistono strade sensu stricto: le case sono collegate da infinite scale che si arrampicano come l’erica – di cui l’isola era ricca – verso le contrade più alte.
Non ci sono numeri civici, infatti, per darsi un appuntamento, bisogna ricordare il numero del gradino o prendere dei punti di riferimento. Nella zona del porto sono presenti due alimentari, un ufficio postale, due bar, l’unico albergo dell’isola e la centrale elettrica, mentre al molo vecchio si trova l’unico punto dove la ricezione dei cellulari è garantita in modo decente. Alicudi è così: non offre i comfort delle isole più turistiche, non garantisce l’arrivo costante di provviste o beni di prima necessità, non offre alcun tipo di ‘svago’ per come lo intendiamo comunemente. Per non parlare dell’accesso al mare: a parte qualche spiaggetta di ciottoli, l’unico modo per andare a fare un bagno è utilizzando la barca.
Soltanto così, inoltre, si possono apprezzare i versanti più selvaggi dell’isola; pendii segnati da profonde gole e spaccati dagli ampi dicchi che hanno alimentato 60mila anni di attività eruttiva e che sembrano emergere dalle acque del mare, per irradiarsi verso l’alto come vene di roccia tra la macchia mediterranea. Alicudi è l’isola più isola di tutte, qui si scopre il rumore della natura o del silenzio nelle giornate di assenza di vento; le notti sono scandite da incredibili cieli stellati, mentre la costa siciliana brilla sullo sfondo con l’Etna, sagoma nera che si staglia sui bagliori ambrati dei centri abitati.
La cima del vulcano è raggiungibile tramite un’interminabile scalinata che si inerpica sulle pendici tra terrazzamenti, buganvillee e case isolate fino a raggiungere quota 662 metri una splendida terrazza sulle vicine Eolie. L’escursione permette di ammirare la straordinaria vegetazione di Alicudi, regno incontrastato della macchia mediterranea dove erica (che da anche l’antico nome all’isola), cappero, ginestra, ulivo, lentisco e carrubo si alternano insieme ad alcuni endemismi come il fiordaliso delle Eolie (Centaurea aeolica) ed il citiso delle Eolie (Cystus aeolicus) di cui sono presenti circa 30 individui. Aspra e bellissima, Alicudi è l’isola ideale per chi ama la tranquillità e la natura.
Filicudi
Filicudi rappresenta la porzione emersa di un complesso vulcanico che si estende per circa 20 km in direzione nordovest-sudest.
Anticamente l’isola era nota come Φοινικοῦσσα (Phoinicussa) oppure come Φοινικώδης (Phoinicṑdēs), dal sostantivo Φοινιξ (phoinix) che in greco antico indica la palma nana, essenza ancora molto diffusa sull’isola. Aspra e montuosa, l’isola è diventata il buen retiro di un turismo d’élite, restando ancora fuori dai circuiti del turismo di massa che affolla altre isole dell’arcipelago. L’apparato vulcanico si è costruito in circa 250mila anni di attività, mentre l’ultima attività eruttiva è testimoniata dalle rocce del faraglione de La Canna, un condotto vulcanico solidificato messosi in posto circa 29mila anni fa.
Ad oggi l’attività vulcanica è da considerarsi estinta. Il rilievo principale dell’isola è Monte Fossa delle Felci che con i suoi 774 metri è la quarta cima più alta delle Eolie. L’escursione sulla montagna è assolutamente da non perdere: guadagnando quota, in poche decine di minuti, si viene catapultati in un ambiente rigogliosissimo ricco di corbezzoli, piante di erica ed enormi castagni. Dalla cima poi il panorama è da mozzare il fiato. Sulle pendici del rilievo merita una visita il villaggio di Zucco Grande, un tempo abitato da circa 300 persone è oggi quasi completamente abbandonato come testimonia l’impressionante silenzio e la natura rigogliosa che sta riconquistando case e strade. I versanti scivolano sul mare disegnando una penisola a clessidra che prende il nome di Capo Graziano.
Qui è possibile visitare i resti di un villaggio Neolitico, nonché i ruderi di una villa romana ed altri reperti di altre epoche, oggi custoditi non solo al Museo Archeologico Eoliano di Lipari, ma anche in una sala espositiva allestita al porto di Filicudi. Sempre nei pressi di Capo Graziano, circa 10 minuti a piedi dal porto, è possibile osservare numerose macine in pietra lavica abbandonate sulla costa: tra fine ‘800 e gli inizi del ‘900, diversi artigiani dell’isola realizzavano le macine da mulino che venivano esportate in tutto l’arcipelago. Lungo la costa si aprono poi numerose calette, spiagge ed insenature dove fare snorkeling e lunghi bagni in acque cristalline e ricche di pesce.
Splendido l’arco del Perciato da attraversare con i piccoli gozzi o ancora il Filo di Lorani (“scogliera dell’organo”, in siciliano) con i bellissimi basalti colonnari che precipitano nelle acque azzurre del mare. Obbligatoria una tappa alla Canna di Filicudi, lo scoglio filiforme che si innalza per circa 70 metri sul mare e che ospita una sottospecie della lucertola delle Eolie (Podarcis raffonei cucchiarai), oggi in pericolo critico di estinzione, mentre anche agli isolotti di Montenassari e allo scoglio del Giafante è possibile visitare grotte sommerse e godere di splendidi fondali. Isola ventosa e romantica, a Filicudi è bene concludere la giornata ammirando il tramonto da contrada Stimpagnato, così tra i meravigliosi riflessi del sole sul mare potrebbe non essere difficile scorgere il salto dei numerosi tursiopi che popolano le acque attorno all’isola.
Salina
Chiamata in greco antico Διδύμη (Didỳmē, da δίδυμος, che significa letteralmente “gemello”) per via del caratteristico profilo disegnato dai due coni vulcanici simili di Monte Fossa delle Felci (962 metri) e Monte dei Porri (860 metri), Salina – il cui nome attuale deriva invece dal laghetto di Lingua, da dove si estraeva il sale – si trova al centro geografico dell’arcipelago eoliano.
Vulcanica come le sue altre sorelle, l’isola è il frutto dell’attività eruttiva degli ultimi 240mila anni, con l’ultima eruzione avvenuta nei pressi dell’attuale zona di Pollara. Gli elevati rilievi dell’isola agiscono da condensatori naturali per il vapore acqueo di passaggio: a Salina piove parecchio e questo ha permesso lo sviluppo di una vegetazione rigogliosissima. Diversi sentieri conducono alla cima più alta delle Eolie, il Monte Fossa delle Felci, attraversando boschi di quercia, pino e castagno e ricchi anche di ginestra, erica e corbezzolo; la cima del rilievo è ammantata da una fitta distesa di felci, un panorama del tutto inusuale, considerato che ci troviamo su un’isola del sud Italia. Altro sentiero interessante è quello del Brigantino, che conduce da Lingua al Vallone dell’Ogliastro passando per il Vallone Nero: un percorso tra macchia mediterranea e spiaggette isolate, con la possibilità di sostare presso la pittoresca casetta di Paolonoce, punto panoramico su Lipari, Vulcano e Panarea.
Abitata sin dall’Età del Bronzo, Salina è, insieme a Lipari, la patria della famosa Malvasìa, il vino D.O.C. famoso per le sue qualità organolettiche; i pendii del vulcano sono ricchi di lunghi vigneti e cantine dove è possibile partecipare a visite e degustazioni. Anche a Salina il mare è meraviglioso. Merita decisamente una sosta la baia di Pollara, resa famosa in tutto il mondo dal film “Il Postino” di Michael Radford, è il risultato dell’ultima poderosa eruzione vulcanica che ha provocato il collasso di parte del cratere in mare.
Degna di nota anche la zona di Rinella, dai cui fondali è possibile scorgere emissioni di gas, ma anche la spiaggia di Scario, a breve distanza da Malfa, che è circondata da una lussureggiante vegetazione, oppure ancora la spiaggetta di Lingua, con il vicino omonimo laghetto di acqua salmastra. Per chi ama il cinema poi da non perdere il SalinaDocFest, il festival del documentario narrativo nato da un’idea di Giovanna Taviani, che si svolge ogni anno a settembre richiamando un folto pubblico internazionale.
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