Molte delle notizie che tengono banco in questi giorni confermano le terribili conseguenze sulla natura e sull’ ambiente provocate dalle attività fuorilegge, non solo in Italia, ma un po’ in tutto il mondo.
Ne ricordo solo alcune. Un’indagine condotta da Greenpeace nella provincia di Smirne, in Turchia, ha portato alla scoperta di un sito illegale di stoccaggio di rifiuti in plastica, pare provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani italiani.
La Capitaneria di Porto ha messo sotto accusa dieci persone che negli ultimi due anni hanno raccolto e venduto 400 chili di una specie protetta di corallo rosso, il Corallium rubrum, soprattutto lungo la Costiera Amalfitana e a volte anche nei fondali di Puglia, Sicilia e Sardegna. Secondo gli investigatori occorreranno 50 anni per rimediare al danno provocato al patrimonio marino.
C’è poi chi il mare sceglie di usarlo come pattumiera: è quanto emerge da una relazione della Commissione ecomafia che svela dati inquietanti sulla Calabria.
Anche dietro la furia del fuoco che sta devastando l’Amazzonia c’è spesso la mano della malavita. Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni, ricorda che il legno frutta alle organizzazioni criminali di tutto il mondo tra i 30 e i 100 miliardi di dollari l’anno (dati 2016), solo il narcotraffico è più redditizio.
Piccoli e grandi crimini con un comune denominatore: la distruzione del pianeta e dell’ ambiente. Così, mentre da un lato crescono cittadini consapevoli che fanno la raccolta differenziata in casa, acquistano solo frutta di stagione e non lasciano apparecchi tecnologici in stand-by, dall’altro dilagano delinquenti organizzati e non che creano la propria fortuna sulle disgrazie di tutti.
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