Molte volte vediamo in televisione pubblicità, programmi o film che annoverano animali nel loro cast, cani per lo più, ma anche gatti, cavalli, elefanti, scimmie e molte altre specie meno pet. Di fronte a queste immagini è spontaneo chiedersi come loro vivano questa esperienza e quando si sfori nel maltrattamento. C’è da dire che molti degli animali che vediamo oggi sullo schermo non sono reali in quanto frutto di una complessa costruzione digitale e meccanica che, semplicemente copiando i movimenti base dell’animale in carne e ossa, costruisce robot del tutto simili agli originali sicuramente più controllabili.
Ma ciò non è sempre possibile anche per via dei costi e talvolta gli animali vengono proprio arruolati previo accordo con zoo e circhi o allevatori specializzati. «Mentre negli Stati Uniti c’è l’American Humane Association che dal 1877 è impegnata a vigilare sulla sicurezza e il benessere degli animali e a regolamentare la loro partecipazione sul set, seppur non senza polemiche – spiega Michele Gualano direttore generale di Enpa – in Italia non esiste un regolamento o un protocollo sull’impiego degli animali, ma solo leggi molto generali e procedure diverse da comune a comune, tanto che talvolta per una troupe è più conveniente spostarsi di qualche chilometro per evitare di dover dare troppe informazioni. Uscendo dal Paese, poi, i limiti possono essere ancora più bassi. In “Baarìa” di Giuseppe Tornatore, per esempio, viene ripresa in diretta la macellazione di una mucca eseguita in Marocco, cosa che in Italia non è consentita. Quello che possiamo fare è quindi sperare nella sensibilità dei produttori affinché spontaneamente richiedano l’affiancamento di un controllore del benessere animale prima, durante e dopo le riprese».
Così in Italia
È il caso, per esempio, del film di Checco Zalone “Quo vado?” dove sono stati impiegati tantissimi animali, anche tigri e orsi bianchi, provenienti da varie strutture. «Quando ci hanno chiamato – dice Gualano – abbiamo chiesto integrazioni sulla documentazione sanitaria di ogni animale e poi abbiamo vigilato durante la lavorazione soprattutto sulle modalità di trasporto e sui tempi in cui gli animali stavano sul set».
L’unico controllo obbligatorio è quello post produzione, ossia prima che un video, cortometraggio o film venga diffuso al pubblico.
«La commissione di revisione cinematografica – spiega il direttore Enpa che ne ha fatto parte per tre mandati – sostituisce la vecchia censura e comprende esperti di vari settori che devono evidenziare le scene di violenza gratuita, o con messaggi ambigui, allo scopo di tutelare soprattutto i minori e stabilire chi potrà vedere o meno il film (film per tutti, vietato ai 14, vietato ai 18). Io, ovviamente, come Enpa, mi occupo di segnalare scene che incitano alla violenza sugli animali ma, dalla sola osservazione delle immagini, è impossibile stabilire se durante le riprese ci sia stato maltrattamento».
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