La sede tedesca dell’organizzazione internazionale PETA ha presentato una protesta formale al presidente Putin, dopo aver scoperto che, nonostante un bando del governo russo, esistono ancora centri per l’addestramento dei cani che impiegano animali selvatici.
Un video diffuso dall’organizzazione mostra un orso, incatenato e quindi limitato nei movimenti sia di fuga che di difesa, aggredito da due cani che lo mordono ripetutamente.
In questo centro di addestramento i sostenitori della PETA hanno trovato anche un tasso e un cinghiale, custoditi in piccole gabbie, che erano evidentemente destinati allo stesso scopo.
In Russia, come in Italia, l’addestramento dei cani con l’utilizzo di animali selvatici vivi è vietato, ma pare evidente che questa limitazione sia poco rispettata.
«È vergognoso che degli orsi vulnerabili vengano ancora attaccati e feriti dai cani, quando le autorità russe hanno il potere di impedirlo» afferma Peter Höffken, specialista di animali selvatici per PETA Germania.
«La PETA sta esortando il Presidente Putin ad accertarsi che le autorità di tutto il paese pongano fine a questa pratica barbarica e illegale una volta per tutte».
I casi in Italia
Nel nostro Paese si contano numerose proteste e segnalazioni per casi analoghi che, anche se non riguardano gli orsi, coinvolgono molte altre specie animali, come volpi e conigli, che vengono cacciati all’interno delle tane con l’utilizzo di cani di piccola taglia appositamente addestrati.
Un’altra parte sommersa dell’attività venatoria, così duramente sotto accusa in questi anni nel nostro paese. In Italia, peraltro, esiste un divieto alla detenzione di animali selvatici appartenenti alla nostra fauna, che deve ritenersi interamente tutelata.
Unica deroga è quella costituita dalla possibilità di abbattimento di determinate specie, solo in determinati periodi da parte dei cacciatori, una concessione che comunque esclude anche per questi ultimi la possibilità di detenere legalmente animali selvatici vivi.
Un divieto tanto categorico quanto aggirato, anche per lo scarso potere di deterrenza che hanno le sanzioni e per il ridotto numero di controlli praticati all’interno dei centri privati per l’addestramento. Senza dimenticare che l’impiego di animali vivi per questi scopi può comportare una denuncia per maltrattamento di animali, non essendo un motivo giuridicamente giustificabile il fatto che la sofferenza agli animali sia provocata dalla necessità di addestrare i cani alla pratica venatoria.
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