Solo apparentemente è facile descrivere una montagna. Si possono usare parole semplici, ma non è facile il rapporto dell’uomo con la montagna.
La poetessa Antonia Pozzi in pochi versi rende non solo il rapporto tra uomo e montagna, ma anche tra la montagna e la stessa Terra. E come? Con la personificazione.
Potrebbe essere questa una delle strade? Sentire gli elementi della Natura esattamente come noi: vivi. I quali, in questo caso, tacciono l’infinita speranza di un ritorno.
Le montagne
Occupano come immense donne
la sera:
sul petto raccolte le mani di pietra
fissan sbocchi di strade, tacendo
l’infinita speranza di un ritorno.
Mute in grembo maturano figli
all’assente. (Lo chiamaron vele
laggiù – o battaglie. Indi azzurra e rossa
parve la loro terra). Ora a un franare
di passi sulle ghiaie
grandi trasalgon nelle spalle. Il cielo
batte in sussulto le sue ciglia bianche.
Madri. E s’erigon nella fronte, scostano
dai vasti occhi i rami delle stelle:
se all’orlo estremo dell’attesa
nasca un’aurora
e al brullo ventre fiorisca rosai.
Antonia Pozzi, Pasturo, 9 settembre 1937
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