Esiste El Niño, di cui abbiamo spesso parlato, ma anche la controparte “femminile”, la Niña.
Di cosa si tratta? Anche in questo caso di una corrente, che però non porta a un incremento delle temperature oceaniche, bensì a un raffreddamento delle acque.
L’alternanza fra El Niño e La Niña giustifica la cosiddetta El Niño Southern Oscillation.
La conseguenza? Scompensi di natura climatica che possono avere ripercussioni, come con El Niño, in tutto il mondo. Ne parliamo oggi in occasione della fase clou de El Niño, considerando che dopo un episodio “caldo” ne segue sempre uno “freddo”. Significa che presto avremo una temperatura media delle acque del Pacifico più basse della norma. Come si è verificato alla fine degli anni Ottanta, con un decremento delle temperature medie di 5°C.
Ancora non si conoscono bene le dinamiche del fenomeno, ma il tutto è riconducibile a un movimento di risalita di acque fredde dalle profondità del Pacifico, supportate da un’intensificazione delle correnti degli alisei, i venti che spirano costantemente dalle aree subtropicali all’equatore.
Di solito l’andamento de La Niña si protrae per un anno, ma in alcuni casi può andare oltre compromettendo i raccolti di mezzo mondo.
In che modo La Niña influenza il clima a livello globale? In sostanza opera in contrasto con El Niño. In Africa meridionale aumenta la piovosità in inverno, in Africa equatoriale incrementa la siccità. Determina forti piogge in Indonesia e Filippine e potenti cicloni tropicali che possono raggiungere la Cina. Cile e Perù patiscono ondate di calore eccezionali, in America del nord aumentano le piogge, soprattutto in California e in corrispondenza delle Montagne Rocciose.
Negli ultimi 65 anni si sono verificati quindici episodi de La Niña. La corrente fredda si verificherà l’anno prossimo, dopo El Niño, e le due o tre ondate di gelo polare che caratterizzeranno l’inverno imminente.
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