Uno studio condotto a scala globale ha analizzato l’impatto dei cambiamenti delle attività umane indotte dalla pandemia sulle abitudini dei mammiferi selvatici.
Gli effetti osservati variano a seconda del contesto ambientale, alle dimensioni e alla dieta delle specie studiate, ma in generale si è osservato che al ritorno dell’attività umana negli ambienti naturali più integri i mammiferi hanno ridotto la loro attività, evitando le persone; mentre negli ambienti più antropizzati sono risultati più attivi, ma anche più notturni.
I grandi carnivori e i grandi onnivori (come l’orso e il cinghiale) sono risultati i più sensibili: i grandi carnivori hanno mostrato una marcata tendenza a evitare le persone quando sono ritornate a frequentare le aree naturali, mentre i grandi onnivori hanno mostrato una riduzione della loro attività alla ripresa della presenza umana in contesti urbani e suburbani.
Il primo autore dello studio, il professor Cole Burton dell’università canadese della British Columbia, afferma: «Ciò che abbiamo riscontrato non è una risposta uniforme degli animali a questi cambiamenti, ma piuttosto la variazione degli effetti in base alla tipologia di ambiente e all’ecologia dei mammiferi studiati, al paesaggio e alla posizione della specie nella catena alimentare».
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Nature Ecology and Evolution, nell’articolo intitolato “Mammal responses to global changes in human activity vary by trophic group and landscape”.
Alla ricerca hanno partecipato più di 220 ricercatrici e ricercatori in 21 Paesi, incluse 5 istituzioni italiane (MUSE – Museo delle Scienze di Trento, FEM – Fondazione Edmund Mach, Università di Firenze – UniFi, Università di Siena e Ispra)
Ambienti naturali e ambienti antropizzati
Lo studio ha messo in luce una netta differenza fra ambienti naturali e ambienti antropizzati nella tolleranza agli umani e ai rischi associati alla presenza delle persone. Alla ripresa delle attività umane le specie presenti in ambienti intensamente modificati dagli esseri umani, come aree urbane e suburbane, hanno aumentato i loro movimenti, diventando però più notturne. I mammiferi selvatici, infatti, cercano di minimizzare le possibilità di incontro con gli umani, spostando la propria attività nelle ore di buio.
Al contrario gli animali presenti nelle zone più naturali e incontaminate, che spesso rappresentano dei rifugi per le specie più sensibili, hanno risposto al ritorno delle persone evitandole e diminuendo la loro attività.
Misure e strategie per ridurre i conflitti
I risultati della ricerca consentono di mettere a punto misure tese alla diminuzione del disturbo della fauna selvatica e alla prevenzione dei conflitti fra umani e animali selvatici.
Nelle aree naturali più integre, dove le infrastrutture e gli spazi urbanizzati sono limitati, gli effetti sulla fauna selvatica della presenza umana possono essere particolarmente rilevanti, e questo riguarda anche attività ricreative come l’escursionismo.
Per dare agli animali selvatici lo spazio di cui hanno bisogno, lo studio suggerisce di limitare l’accesso delle persone in alcune zone delle aree protette, di istituire dei corridoi protettivi che favoriscano i loro spostamenti, o ancora di prevedere restrizioni stagionali con la chiusura temporanea di alcuni sentieri durante le stagioni migratorie o riproduttive.
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