Abbiamo chiesto a Diego Pagani, Presidente di Conapi, (Consorzio Nazionale Apicoltori), di raccontarci com’è la vita di un apicoltore ai tempi del Coronavirus. Come si muove il mondo delle api in questo periodo drammatico per l’uomo.
Ci ha risposto con un’Autodichiarazione, che è anche una dichiarazione d’amore per le api. A ruota libera… e senza freni. Esce palpabile dalle sue parole una condizione speciale di libertà di pensiero. Oltre alla libertà vera e propria, quella di poter vivere in mezzo alla Natura, con le api, anche ai tempi del Coronavirus.

Diego Pagani.
Foto di Rosy Sinicropi
7 aprile 2020, Piozzano – Appennino piacentino.
Autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. N. 445/2000
Il sottoscritto Diego Pagani, nato a ….., il …..
Residente in ….., via….., cap….., tel. Uff…..
Dichiara sotto la propria responsabilità: di non essere positivo a COVID 19, di non essere sottoposto a quarantena, di essere a conoscenza delle sanzioni previste eccetera eccetera…
A questo riguardo dichiara quanto segue:
Faccio un lavoro meraviglioso per il quale ho bisogno di spostarmi in continuazione. Lavoro con le api che loro, le api, mica lo sanno che c’è una pandemia in corso. Che a loro mica puoi dire che devono stare a casa, perché solo la pioggia, o la tormenta, o il freddo gelido le fa stare a casa in primavera, che altrimenti sono indaffarate dal sorgere al calare del sole. Devon raccogliere il nettare e il polline dei fiori, erigere incredibili strutture di cera dorata, chiudere tutti i pertugi dell’arnia con la propoli, profumata e malleabile.
Alle api non interessa l’affanno dell’essere umano, quel buffo arrovellarsi intorno a questioni futili o smanie di potere. Osservano con sufficienza questo animale strano volto a compiacere gli altri in cerca dell’affermazione della sua stessa esistenza; quest’animale ridicolo che piange, ride, un animale infelice. Come diceva Nietzsche.
Dichiaro inoltre che le api la loro pandemia ce l’hanno avuta e ce l’hanno ancora, un eccidio senza eguali nella storia avvenuto nel silenzio più assordante per mano dell’uomo. Milioni di famiglie di api scomparse nell’indifferenza di un mondo troppo concentrato su interessi economici che senza alcuna visione prospettica continua ad avvelenare le campagne, prati e boschi con agrofarmaci sulla cui reale utilità dovremmo interrogarci.
Vorrei dichiarare anche, se ci fosse lo spazio, che c’è una categoria di persone della quale faccio parte, che a un certo punto della propria vita si è scontrata con questo mondo popolato da piccoli insetti operosi e ne è stata rapita, sequestrata, perché se ci entri in contatto con le api, e hai la giusta predisposizione, non ti lasciano più andare via e la tua vita da quel momento si lega a loro. Indissolubilmente.
La mia piattaforma privilegiata, in questo periodo, mi ha dato la possibilità di guardarmi intorno.
“Devi stare ad almeno un metro da un altro essere umano”: facile, di solito i primi simili ce li ho a due chilometri.
“Non puoi intrattenere rapporti sociali con nessuno”: io normalmente posso passare giorni e giorni senza proferire una parola, che con l’animale che allevo io le parole mica servono. Servono gli occhi, il naso, le mani e le orecchie.
Raccolgo miele per vivere e far sopravvivere le mie api. Che poi saranno davvero mie? Mica c’è un recinto o un guinzaglio che le trattenga a me. Di sicuro loro non lo sanno di essere mie. Condividiamo un pezzo di mondo e una parte, piccola, di storia. Sopravvivranno a me come al COVID 19 e seguiteranno il lavoro incessante di impollinazione dei fiori portando la vita, stagione dopo stagione, su questo disgraziato, meraviglioso pianeta.
Dal mio osservatorio, caro Presidente del Consiglio (posso rivolgermi direttamente a Lei?), dichiaro che in questo periodo di quarantena la natura non si è fermata, gli alberi fioriscono, ogni giorno, e l’effimera bellezza dei fiori si spegne appassendo in continuazione. Ciclicamente. Inesorabilmente. Gli animali incuranti delle regole imposte all’uomo si muovono in branchi o piccole famiglie senza rispettare distanze di sicurezza e senza protezioni individuali. L’accesso al cibo non è contingentato ma disponibile, finalmente abbondante a qualsiasi ora dopo la penuria e le difficoltà dell’inverno.
Una volta ho letto una frase di Gustave Eiffel che non so se riporto correttamente, ma dichiaro che è passato un po’ di tempo. Mi pare che dicesse così: “Gli uccelli vestono sempre abiti meravigliosi, il progresso è una parola nuda di significato e una mucca che nutre il mondo farà sempre due chilometri all’ora”.
Ecco, di fatto quello che vedo è che la natura, con la sua inesorabile lentezza o la vertiginosa velocità, con la sua bellezza che ti toglie il fiato e che ti sorprende ogni giorno, quando ti rechi nel tuo ufficio, quello grande, senza un tetto sopra la testa, senza finestre, né limitazioni per lo sguardo, senza orologio, che a te ti basta il sole… questa bellezza, che non ci puoi credere e che a volte hai la sensazione che ti potrebbe schiacciare, ti fa sentire piccolo e ridimensiona i tuoi bisogni e le tue aspettative. E la fame che hai a fine giornata dopo aver lavorato con le api, è “più fame”. E allora pensi anche che se riuscissi ad esserne parte di quel mondo, invece di volerlo colonizzare o distruggere, allora forse staresti meglio anche te, e saresti meno ridicolo agli occhi delle api.
Le persone che condividono con me questa scelta di vita le rivedo tutte insieme, una volta l’anno all’Assemblea di Conapi, la riunione dei matti. E quando ci vediamo possiamo anche non parlare, che si capisce bene quello che ti vorrebbe dire chi ti sta di fronte:
Dichiaro, di essere una persona molto fortunata.
Firma del dichiarante
Diego Pagani
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