Ci sono vite che a un certo punto del viaggio cambiano strada. È quello che accade a Beppe Scotti, self made man e brillante imprenditore del food, che racconta la sua esperienza nel libro “Il cercatore” edito da Ultra Sport.
È la storia di una rinascita interiore alla ricerca dei propri limiti, della forza interiore, dell’equilibrio. Ne pubblichiamo qualche estratto a beneficio dei nostri lettori.
Le Adventure Races
Sono uno di quelli sempre connessi. I dipendenti dei ristoranti della mia azienda sanno che mi possono chiamare a qualsiasi ora di qualsiasi giorno. WhatsApp, e-mail, telefonate, Beppe ti risponde sempre al volo. Chi mi conosce sa che quando ho il telefono spento può significare solo una cosa: sto vivendo l’avventura, sperduto in qualche pezzo di terra selvaggia.
Da quando corro, il mio percorso è stato una continua ricerca. Ho messo alla prova le mie gambe e ho scoperto che sono capaci di percorrere centinaia di chilometri per giorni e notti. Ho testato la mia resistenza mentale per sapere quanta fatica posso sopportare. Ho lasciato i pensieri vagare anche più veloce, rimbalzare dietro l’orizzonte di paesaggi in cui mi sono sentito infimo come un granello di sabbia, evanescente come la forma delle dune. Ho voluto essere artefice della mia traiettoria, per portarla in luoghi in cui mi sono sentito parte di qualcosa che andava oltre il mio tempo.
L’asfalto ha segnato l’inizio della mia carriera podistica, come se per muovere i primi passi avessi avuto bisogno di un percorso certo, di una direzione precisa. Poi ho desiderato uscire dalla strada, allontanarmi dai percorsi canonici, alla scoperta di paesaggi che potessero darmi nuovi stimoli. Ho cercato nel Sahara le corse su altipiani remoti e i paesaggi di sabbia e di vento. Le montagne mi hanno avvicinato all’altezza, hanno sollevato il mio spirito e svelato ai miei occhi quanto può spingersi lontano lo sguardo, perché gli ostacoli, e le difficoltà, sono questione di prospettiva.
Le gare avventura sono state la tappa successiva: avevo ritrovato il gusto del viaggio in luoghi incontaminati, e anche quello della compagnia dei miei simili. Perché qui c’è un team di quattro persone, e il traguardo lo si raggiunge solo rimanendo uniti. Ci vuole una certa dose di pazzia per fare quello che ho fatto, e una grande forza interiore. Sono esperienze estreme: sforzi esagerati, mancanza di sonno, condizioni ambientali avverse. Ci si misura con una natura impetuosa. E con le proprie fragilità, messe a nudo dalla stanchezza, dal pericolo, e dalle crisi degli altri componenti del team.
E allora, perché farlo? Ogni volta è la sfida dei limiti: sono quelli di tempo imposti dalla gara, quelli del tuo corpo stremato, che vuole fermarsi, quelli della natura mai addomesticata. È scoprire dentro di sé risorse inaspettate, tracciare un equilibrio tra i picchi adrenalinici e le crisi. E poi tornare al mondo “reale”, e ricordarsi chi siamo.
Scotti, E. Racchetti, Il Cercatore. La mia storia di crescita attraverso lo sport nella natura selvaggia
Ultra Sport, 2021, pp. 117-118
Leggi qui le altre puntate de “Il cercatore”
L’inizio di un percorso di consapevolezza…