La stabilità degli ecosistemi dipende dalla presenza di un’ampia varietà di specie oppure la diversità ha l’effetto opposto e porta all’instabilità?
La questione è dibattuta da lungo tempo, ma oggi il nuovo studio pubblicato sulle pagine della rivista Science da un gruppo di ricerca internazionale di cui fanno parte l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) e il Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam (ICTP) di Trieste ha aggiunto importanti tasselli a sostegno della tesi che afferma che la diversità di specie in un ecosistema può favorirne la stabilità.
Come spiega il giovane ricercatore OGS e ICTP Onofrio Mazzarisi, primo firmatario dell’articolo: «In presenza di una quantità sufficiente di risorse, organismi appartenenti ai più disparati gruppi tassonomici si riproducono in maniera esponenziale, ma via via che l’ambiente si fa più affollato la crescita arriva a saturazione: questa dinamica è solitamente descritta da una curva a forma di S, tipica del modello molto utilizzato in ecologia, noto come modello logistico. Noi invece abbiamo utilizzato un modello che prevede uno smorzamento della fase di crescita più graduale, ma che è largamente utilizzato per descrivere la crescita di un singolo organismo, dalla nascita alla sua maturazione».
Questa dinamica di riproduzione fa sì che, in un ecosistema in cui diverse specie competono per l’esistenza, un aumento della biodiversità porti stabilità, mentre una perdita su larga scala di biodiversità potrebbe portare a una minore resilienza.
A supportare questi risultati sono i dati sull’abbondanza, sulla crescita e sulla biomassa di un’ampia varietà di specie – inclusi insetti, pesci e mammiferi – provenienti da tutto il mondo e raccolti negli ultimi 60 anni.
Lo studio è stato supportato anche dal Laboratory on Quantitative Sustainability – TLQS, un progetto promosso dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e dalla Fondazione Internazionale Trieste per il Progresso e la Libertà delle Scienze – FIT, grazie al sostegno del Ministero dell’Università e della Ricerca.
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