Continua il racconto degli incontri di Davide Pianezze con la fauna dell’Africa Australe. Dopo aver assistito alla competizione fra due elefanti, nel loro periodo di musth (così viene definito il calore), si prepara una nuova giornata di avventure, questa volta in Botswana, nella Khwai area.
Spengo la sveglia del mio orologio da polso, cerco a tentoni la lampada frontale sul fondo della tenda e mi sfilo prima dal sacco a pelo e poi dal pigiama. Indosso pantaloni, maglietta giacca e cappello di lana, poi apro la zip dell’entrata principale e mi sollevo con i piedi già infilati negli scarponcini. Il falò arde a una ventina di metri da me. Intorno al camp solo il buio e il rumore dei rami spezzati dagli elefanti. Intanto a est inizia ad apparire la costellazione di Orione che tra un’ora sarà seguita dal sole. Riempio di rooibos bollente la mia tazza metallica e mi siedo su una delle seggiole vicine al fuoco in cerca di tepore.
Poco dopo mi raggiunge Sage. Ci auguriamo una buona giornata e iniziamo a discutere del programma, dei mezzi, dell’organizzazione e degli avvistamenti del giorno precedente. Il primo chiarore dell’alba ci permette di distinguere i nostri compagni di viaggio mentre raggiungono il tavolo imbandito per la colazione. Ci alziamo e ci uniamo a loro sotto un cielo ancora stellato. Ai suoni della savana si aggiungono quelli del coltello che taglia il pane, del cucchiaino che ripulisce il vasetto della marmellata, del barattolo dei cereali versati nelle tazze e dei cartocci dei succhi di frutta che riempiono i bicchieri.
All’improvviso giunge il rumore sordo di zoccoli che calpestano il terreno. Non si tratta di uno o due animali e nemmeno di dieci o venti. Da dietro la vegetazione vediamo sfrecciare contemporaneamente branchi interi di impala, kudu, watherbook e gnu.
Sage scatta in piedi e dice senza esitazione: «Just a big herd of wild dogs can make such a mess here! Go to the cars!» (Solo un grande branco di licaoni può creare tutto questo caos! Andate tutti alle auto!).
Lasciamo frettolosamente tavolo e colazione per recuperare l’attrezzatura fotografica e raggiungere i fuoristrada. In quel momento il nostro camp viene attraversato da un branco di una quindicina di licaoni (wild dogs) che corrono indisturbati tra la cucina, il falò, le seggiole, il tavolo e le tende, totalmente noncuranti della nostra presenza. Osserviamo la scena increduli e pietrificati. Attendiamo che si allontanino, poi ci guardiamo l’un l’altro scuotendo le teste. Qualcuno dice: “non ci posso credere…”, riferendosi al fatto che i licaoni sono tra i predatori più rari da avvistare in tutta l’Africa, e di conseguenza tra i più ricercati, e che qualche istante prima erano praticamente passati sui nostri pedi.
Sage fa cenno con la mano di sbrigarci. In un attimo prendiamo posto pronti a partire. Seguiamo la direzione dei predatori fino a imbatterci nel corpo ancora caldo di un impala maschio. È stato ucciso e successivamente abbandonato, almeno temporaneamente. Ci fermiamo, cerchiamo una posizione ottimale che ci permetta di osservare la scena e spegniamo i motori.
La strategia di caccia dei licaoni prevede che se uno degli esemplari riesce a uccidere una preda, la lascia a terra e rincorre il resto del branco. Una volta raggiunti i suoi compagni li avvisa del bottino e li riconduce sul luogo del delitto per condividere il pasto. Trascorrono pochissimi minuti quando dai cespugli appare l’intero branco. Sono sufficienti una manciata di secondi perché il corpo del povero ungulato venga ripulito fino all’ultima fibra dei suoi muscoli. A terra restano solo una manciata di ossa bianche e lucide. Alcuni licaoni si accasciano a terra, altri iniziano a saltellare e a rincorrersi. Dopo un istante il maschio alfa guaisce e richiama tutti all’ordine. Chi era coricato balza dritto sulle quattro zampe e chi stava giocando si immobilizza.
Ora devono correre alle loro tane dove li aspetta chi è di guardia alle cucciolate insieme alle madri affamate per via dell’allattamento. Parte del cibo ingerito da chi si occupa della caccia verrà rigurgitato affinché l’intero branco riesca a sopravvivere e i piccoli possano continuare a crescere.
Riposta l’attrezzatura fotografica torniamo al camp con i raggi del sole che iniziano a filtrare tra la vegetazione. La giornata è solo al suo inizio, ma la scena alla quale abbiamo appena assistito è stata tanto straordinaria da permetterci di affrontare le prossime ore di safari senza chiedere nulla più alla savana.
Il momento dello scatto
Furono momenti molto concitati. Individuato il corpo della preda cercai di immaginare come si sarebbe svolta l’azione dei licaoni al loro arrivo e di conseguenza feci posizionare i fuoristrada dalle guide. Sapevo che la scena sarebbe durata pochi secondi: i licaoni sono fulminei quando cacciano. La vegetazione piuttosto fitta non lasciava penetrare i raggi del sole che in quegli istanti stava sorgendo all’orizzonte. Innanzitutto optai per un tempo di scatto rapido in modo da congelare la scena. Per via della poca luminosità di quel momento fui costretto a impostare una sensibilità piuttosto alta. Relativamente all’aperura del diaframma scelsi una regolazione intermedia, così da sfruttare al massimo le qualità dell’obiettivo. Quando arrivarono i licaoni mi concentrai sull’inquadratura, sulla messa a fuoco (impostata in modo continuo sul punto centrale) e soprattutto sulla posizione che assumevano quegli animali mentre dilaniavano le carni del povero malcapitato.
Dati tecnici
- Data: 21/09/2015
- Corpo macchina: Nikon D2x
- Obiettivo: Nikkor 18/300 F3,5/5,6
- Lunghezza focale al momento dello scatto: 135 mm
- Apertura diaframma: F 7,1
- Tempo otturatore: 1/500 sec.
- Compensazione esposizione: 0
- Sensibilità sensore: ISO 500
- Modo di ripresa: M (priorità di diaframmi)
VIAGGI FOTOGRAFICI di Davide Pianezze:
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