È matematico, se stai correndo per raggiungere il campeggio in tempo prima che chiuda, è certo che lungo il cammino incontrerai qualcosa di eccezionale che ti farà perdere altro tempo. È però anche vero che non sempre si tratta di pure casualità, visto che col calar del sole gli animali diventano più attivi e di conseguenza il tardo pomeriggio è il momento in cui aumentano le probabilità di avvistamenti particolari.
Ci siamo da poco lasciati alle spalle la pozza di Aus Fontain, nell’Etosha National Park (Namibia), dove abbiamo assistito ad un caotico alternarsi di zebre, giraffe, gnu, orici e elefanti in cerca d’acqua. Non sono mancati nemmeno i kudu, arrivati in gruppo sfoggiando le loro maestose corna nell’intento di attirare l’attenzione di qualche femmina. Per diversi minuti ci siamo trovati di fronte a scene straordinarie che ci hanno ripagato pienamente delle tante ore trascorse alla guida.
Di fronte a noi un sole sempre più vicino alla linea dell’orizzonte è reso offuscato dalla polvere alzata dal vento. Non emette una luce accecante e nemmeno fastidiosa, si lascia guardare come fosse un pallone arancione sospeso in aria. Ai lati della strada scorrono interminabili distese di savana rada dove spuntano di tanto in tanto le siluette degli springbok intenti a brucare la bassa vegetazione.
Raggiunta la pista principale svoltiamo a sinistra, in direzione di Okaukuejo. La pozza illuminata del camp ci terrà svegli a lungo a osservare gli animali che si materializzano dal buio per poi avvicinarsi lentamente noncuranti della platea.
Proseguiamo verso ovest con un occhio puntato sull’orologio e l’altro sulla mappa per controllare i chilometri da percorrere.
In lontananza, al lato sinistro della pista, distinguo una figura tondeggiante che si muove circondata da un denso polverone. Premo sull’acceleratore per andare a verificare di cosa si tratti, anche se le dimensioni non lasciano spazio a grossi dubbi. Ci avviciniamo, la sagoma si sdoppia. Il voluminoso posteriore del primo elefante si sposta e scopre il corpo di un secondo pachiderma leggermente più basso ma più massiccio. I due si stanno sfidando a non più di cinque metri dalla strada. La polvere bianca sollevata si deposita sui loro corpi rendendoli simili a statue di pietra.
Incontrandoli immobili e isolati, come spesso accade con gli elefanti nelle savane, potrebbero essere confusi con inanimate installazioni artistiche. Non è però questo il caso, vista l’energia che stanno sprigionando. L’aggressività che dimostrano entrambi è dovuta al loro periodo di musth (così viene definito il calore dei maschi). Per due-tre mesi consecutivi (in alcuni casi anche per un intero anno) questi animali producono una quantità di ormoni riproduttivi tale da renderli estremamente irrequieti, imprevedibili e ipersensensibili a qualunque rumore o movimento esterno. Si scagliano contro gli altri maschi per la competizione riproduttiva e quando non trovano dei contendenti si accontentano di abbattere alberi o far scappare gli altri animali.
Incontrare sul proprio cammino un elefante in musth è la condizione in cui nessun turista vorrebbe mai trovarsi, nemmeno conducendo il più imponente dei fuoristrada. Non appena li affianco i due si fermano per un istante e ci guardano, poi il primo riprende la sua azione offensiva insistendo a colpi di spintoni e testate.
Afferro frettolosamente la macchina fotografica e inizio a scattare. Il primo, più giovane e in forma, appare avvantaggiato. Continuano a muoversi seguendo la direzione della strada, così per restare al loro fianco sono costretto a giocare con acceleratore, freno, frizione e leva cambio per avanzare e retrocedere, mentre con il ginocchio controllo la posizione del volante e con le mani armeggio ininterrottamente con l’attrezzatura fotografica.
La lotta si fa furiosa. I due tentano di agganciarsi le zanne per spezzarsele a vicenda. Intanto il tempo passa e il sole è quasi tangente alla linea dell’orizzonte: tra qualche minuto il camp sarà chiuso e io definitivamente nei guai. L’ennesima carica del primo fa barcollare il suo avversario che però non demorde e tenta un contrattacco.
Ancora un paio di foto, poi abbandono l’attrezzatura sul sedile, rilascio la frizione e schiaccio sull’acceleratore. Nello specchietto riesco a intravvedere il secondo elefante mentre inverte la direzione di marcia inseguito dal rivale che si dichiara quindi vittorioso. Poi il polverone sollevato dal fuoristrada riempie il cielo dietro di noi.
Mancano pochi minuti alla chiusura del gate, che segue rigorosamente l’orario dettato dal tramonto. Finalmente appare la torre di Okaukuejo. Il tempo però è scaduto, non mi resta che puntare sulla bontà del personale del camp, per il quale sto già preparando le mie più imploranti parole di scuse…
Il momento dello scatto
La difficoltà maggiore di questo scatto fu trovare e mantenere una posizione ottimale con il veicolo, in quanto i due elefanti continuavano ad avanzare e retrocedere. Erano alla mia sinistra, mentre io conducevo il fuoristrada con volante a destra. Avrei invertito volentieri il senso di marcia per trovarli al mio lato più vicino, con la possibilità di riprenderli anche interamente con un obiettivo grandangolare, ma per via dell’orario e il rischio di perdere quei momenti preziosi decisi di utilizzare un teleobiettivo per assicurarmi di non inserire nell’inquadratura la cornice del finestrino. Optai quindi per l’80/200 f 2,8, ottimo per cogliere i dettagli della scena.
La luce non era intensa per via della foschia. Mi assicurai di avere un tempo di scatto che non scendesse al di sotto di 1/100 sec. Aprii il diaframma a f/4,5 per sfocare lo sfondo e impostai la sensibilità del sensore a 640 ISO. Impugnato il corpo macchina con la mano destra indirizzai l’obiettivo con la sinistra che di tanto in tanto utilizzavo anche sulla leva del cambio per invertire la marcia a restare al lato dei due contendenti. Nell’immagine volevo far emergere le increspature profonde della pelle e le similitudini dei loro corpi con la pietra, così cercai un’immagine che evidenziasse sia il dinamismo della scena che una certa staticità scultorea.
Dati tecnici
- Data: 09/09/2011
- Corpo macchina: Nikon D2x
- Obiettivo: Nikkor 80/200 f 2,8
- Lunghezza focale al momento dello scatto: 125 mm
- Apertura diaframma: F 4,5
- Tempo otturatore: 1/100 sec.
- Compensazione esposizione: 0
- Sensibilità sensore: ISO 640
- Modo di ripresa: A (priorità di diaframmi)
VIAGGI FOTOGRAFICI di Davide Pianezze: