Mo, un’anziana femmina di Chesapeake Bay Retriever, era scomparsa nel nulla a metà settembre sulle impervie montagne dell’Idaho, mentre i suoi padroni facevano trekking.
Malgrado le ricerche di lei nessuna traccia fino al giugno scorso quando, inaspettatamente, fu ritrovata ormai allo stremo da un volontario che si occupa di cani randagi, proprio vicino a casa.
Mo è sopravvissuta al rigido inverno di quelle montagne e, chissà come, è riuscita a tornare indietro. E prima di lei molti altri cani sono riusciti nell’impresa. Giorgie, per esempio, un’altra “vecchietta”, ha percorso 55 km in 9 giorni sfidando persino i coyote per tornare a San Diego dalla sua padrona mentre Prince un meticcio di piccola taglia, ci ha messo 5 anni a “riabbracciare” la sua, ma solo perché lei, nel frattempo, aveva cambiato casa quattro volte. E il più incredibile di tutti è il collie Bobbie che, negli anni Venti, attraversò in soli 6 mesi oltre 4 mila km, dall’Indiana all’Oregon, per tornare a casa propria.
Non c’è solo l’olfatto
Secondo gli esperti ciò che permette ai cani di orientarsi così bene è un insieme di capacità sensoriali e percettive, a cominciare da uno sviluppatissimo olfatto, unite a una forte volontà e a un profondo attaccamento alle proprie abitudini. Inoltre, recenti studi di un istituto scientifico tedesco, hanno svelato che i cani, così come alcuni loro “cugini” (volpi, coyote, ecc.) sono dotati di un magnetorecettore nella retina dell’occhio chiamato criptocromo 1° in grado di percepire le variazioni del campo magnetico e distinguere nord e sud. Oltre agli uccelli migratori, quindi, anche i cani possiedono una sorta di bussola interna che li agevola nell’orientarsi anche in territori mai visti prima. La magnetorecezione, invece, almeno secondo gli studi finora condotti, sembrerebbe assente nei felini, anche se, tuttavia, di storie di gatti che, al pari di Fido, ritrovano casa è pieno il mondo. Ma si sa, l’alone di mistero che circonda il gatto non ha eguale.
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