Se solo potessero parlare, cosa potrebbero dirci le piante? Quali storie sarebbero in grado di raccontarci? Forse è sufficiente provare ad immaginare tutte le cose che un albero può aver visto nel corso della sua lunga esistenza. O probabilmente ci potrebbero anche fare un bel discorso per rimproverarci i ritmi frenetici della nostra vita, la nostra arroganza nei loro confronti, il nostro aver dimenticato il significato di simbiosi e cura…
Giosue Carducci non lo ha solo pensato, ma anche scritto. In Davanti San Guido, la parola viene data ad alcuni cipressi che invitano il poeta a fermarsi con loro, con le querce e gli usignoli, con il dolce mormorìo dei fiumi e con l’eterno Pan che le preoccupazioni del poeta ne la diva armonia sommergerà.
Questo incontro con i cipressi sembra quasi un incontro ravvicinato con la propria coscienza.
Di fronte alla consapevolezza del poeta di essere una celebrità; davanti alla sua superiorità palesata nel saper leggere greco, latino, nello scrivere e nell’avere molte altre virtù, così, con somma pietà, rispondono i cipressi.
Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’.
Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.A le querce ed a noi qui puoi contare
L’umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!E come questo occaso è pieno di voli,
Com’è allegro de’ passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanenti, e i rei fantasmi oh non seguire;I rei fantasmi che da’ fondi neri
De i cuor vostri battuti da pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.Riamanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno
Che de le grandi querce a l’ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l’ardente pian,Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co ’l loro bianco velo;E Pan l’eterno che su l’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà.
Un augurio forse per fermarsi ad ascoltare ciò che ci circonda e a scoprire se stessi.
Nota: troverete il nome Giosue Carducci senza accento, ma è giusto così; non è pignoleria, ma lui ci teneva a specificare che il suo nome si scriveva senza accento, anche se molto spesso i manuali continuano a segnarlo con accento.
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