La centrale a carbone ENEL “Federico II” di Brindisi – la più grande d’Italia – è il simbolo della lotta all’uso del combustibile fossile da parte del WWF. Una battaglia che dura da diversi anni e che lo scorso novembre ha portato l’Associazione ambientalista a presentare un ricorso al TAR del Lazio contro l’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata alla centrale.
Nonostante la Strategia Energetica Nazionale lo scorso novembre abbia stabilito che entro il 2025 l’Italia uscirà dal carbone, un decreto del luglio scorso ha esteso l’autorizzazione per l’operatività della centrale fino al 2028, malgrado l’impianto fosse già stato messo al centro di una procedura di infrazione a carico del nostro paese da parte della Commissione Europea, e ciò proprio a causa del superamento dei limiti di concentrazione di inquinanti, tra cui anche il particolato atmosferico.
Proprio dei danni causati dalla centrale si è parlato in questi giorni nel corso della conferenza “Accelerare l’uscita dal carbone: il caso Brindisi, 24 anni di danni alla salute e al clima”; assieme ad esperti del settore, il WWF ha presentato un drammatico quadro delle conseguenze negative causate dalla centrale Federico II negli ultimi anni sull’ambiente, il clima e la salute.
13 milioni di tonnellate di CO2 nell’aria
Il WWF sottolinea che da quasi un quarto di secolo la centrale Enel di Brindisi Sud opera senza che siano mai stata eseguite valutazioni di impatto ambientale e sanitario. I dati, però, parlano chiaro: la più grande centrale a carbone d’Italia è anche quella che emette più sostanze inquinanti (polveri fini e ultra fini, ossidi di zolfo e di azoto, ecc.) e CO2. In un secondo l’impianto emette il quantitativo di anidride carbonica di 130 auto. E infatti, nel solo 2015 sono state ben 13,11 milioni le tonnellate di anidride carbonica immesse nell’aria, ma i livelli in anni precedenti hanno superato anche 14-15 milioni di tonnellate annue.
Come si legge nella nota del WWF «la centrale Federico II è tra i principali imputati del disastro sanitario che è stato descritto anche nello studio epidemiologico della Regione Puglia e anche al centro dello studio del CNR del 2015 sul particolato secondario e sui suoi effetti sulla salute, effetti che si estendono ben oltre i confini della provincia brindisina».
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