Si è chiusa con la vittoria di James Ivory per la migliore sceneggiatura non originale l’avventura di Chiamami col tuo nome agli Oscar 2018. Il film del regista italiano Luca Guadagnino era candidato in quattro categorie: miglior film, migliore attore protagonista, miglior canzone e, appunto, migliore sceneggiatura adattata.
Tra i momenti più toccanti della cerimonia, la stampa internazionale indica proprio quello in cui Ivory – novant’anni – si è alzato per ritirare il suo primo Oscar per l’adattamento del romanzo di André Aciman, in cui si racconta la storia del primo amore del diciassettenne Elio per il ventiquattrenne Oliver.
Italia d’altri tempi
Il film è ambientato nell’Italia del 1983. La bravura e la sensibilità di Guadagnino ci restituiscono l’immagine di una campagna lombarda – non proprio una meta prediletta dal turismo – a dir poco emozionante. Elio e Oliver si muovono sullo sfondo della provincia cremasca: gite in bici fra filari di pioppi, fossi, rogge e fontanili, bagni pomeridiani tra gli ambienti di ripa formati dal fiume Serio. La pianura messa in scena è tutt’altra che piatta e monotona. È vibrante, fertile, ricca e variopinta.
Il film è un florilegio di citazioni cinematografiche: le scampagnate in bici e il molle adagiarsi sull’erba ricordano Il Giardino dei Finzi-Contini, capolavoro premio Oscar di De Sica tratto dal romanzo del grande Giorgio Bassani, il paesaggio rurale e le cascine rimandano al celebre Albero degli zoccoli di Ermanno Olmi.
Chiamami col tuo nome offre tra molto altro anche lo sguardo attento del regista su paesaggi trascurati o, magari, solo poco noti, in ogni caso meno di quanto meriterebbero: il centro storico di Crema, la scenografica Pandino col suo castello visconteo, le Grotte di Catullo a Sirmione, la magia di Bergamo Alta, le cascate del Serio a Valbondione. Anche la neve arricchisce di poesia gli stagni padani.
Una dichiarazione d’amore alla terra
Questo piccolo o grande film sull’amicizia e gli affetti è anche un atto di amore verso la terra. È la dimostrazione che si può fare grande cinema anche lontano dalle luci sfavillanti di Los Angeles e dalle suggestioni verticali di New York. Bastano piccoli borghi, dolci o spumeggianti acque e verdeggianti campi. Purché filtrati dalla passione. Passione per la sorprendente Italia, prima di tutto.
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